Mensile - Anno VIII - N° 94 - Novembre 2007

 

Costacciaro

un cover-up sulle vestigia templari?

Da alcuni anni una chiesa situata nel comune di Costacciaro, in Umbria, è sotto i riflettori degli storici medievalisti e di tutti gli studiosi delle vicende inerenti all'Ordine del Tempio. Grazie al suo impegno personale, un parroco scopertosi archeologo espone le prove e la propria interpretazione dei molteplici ritrovamenti di matrice templare all'interno dell'edificio.

di Silvia Agabiti Rosei

 

L’Umbria ospita quella che possiamo ritenere la più imponente e significativa chiesa templare del nostro Paese, San Bevignate vicino Perugia. Nella regione altrettanto noti per gli esperti e gli appassionati della storia dell'Ordine sono l'Abbazia di San Giustino d'Arna e il Castello di Magione, presso il lago Trasimeno, oggi proprietà dei Cavalieri di Malta. Poco conosciuta, ma forse destinata a divenire un'altra tappa fondamentale dell'itinerario templare nel cuore verde d'Italia, è la chiesa di San Francesco a Costacciaro, un piccolo comune nelle vicinanze di Gubbio e del Monte Cucco, costruita a partire dal 1258, in cui negli ultimi anni sono state effettuate delle affascinanti scoperte grazie all'operosità e alla pazienza di don Nando Dormi, parroco di Costacciaro dal 1998. In seguito al terremoto del 26 Settembre 1997 la chiesa conventuale francescana fu sottoposta a lavori di riparazione, durante i quali il sacerdote, membro dei Cavalieri del Santo Sepolcro, restauratore e ricercatore con attitudini da archeologo, ebbe un ruolo di primo piano, occupandosene personalmente e portando alla luce i misteri nascosti di chiara matrice templare che l'edificio custodisce. Nonostante tali evidenze e il giudizio positivo di un'esperta di Cavalieri Templari come Bianca Capone (A Costacciaro la Presenza dei Templari, Giovedì 6 Gennaio 2005, articolo scritto sul Corriere dell'Umbria da Euro Puletti), tra molti studiosi si vuole ancora andare cauti sull'attribuzione della chiesa all'Ordine. È don Nando Dormi, che abbiamo intervistato, a dissipare tali dubbi e a fare ulteriore luce sulle scoperte da lui effettuate: «La chiesa venne dedicata a San Francesco nel 1315, a un anno dalla morte del Gran Maestro Jacques de Molay e dopo cinque anni dallo scioglimento dell'Ordine presente nella zona da parte del vescovo di Gubbio. Costacciaro non risulta nel libro delle decime della curia, i cabrei dei cavalieri di Malta nominano molti comuni limitrofi ma non questo, e sappiamo che all'epoca le decime erano destinate a finanziare le Crociate, ossia i Templari stessi che pertanto, data l'omissione, si trovavano con tutta probabilità qui». Prima del 1315 la chiesa era dedicata ai santi Pietro e Tommaso, quindi vi si insediarono i frati francescani che, secondo lo studioso, egli stesso un tempo frate, non erano estranei al modello templare: «La regola templare e quella francescana sono affini, andrebbero messe in sinossi, entrambe si basano sulla povertà e sull'obbedienza, infatti le pur decantate ricchezze dell'Ordine del Tempio non erano destinate al singolo, bensì alla confraternita, tanto che essi potevano fare donazioni solo col permesso del superiore. A differenza della coeva regola benedettina comprendente monaci e monache, in entrambe quelle suddette c'è la suddivisione in tre ordini: per i Templari essi sono cavalieri, donne e sacerdoti, per i Francescani si antepongono i sacerdoti, quindi le donne, infine i cavalieri. Del resto San Francesco stesso (1182 ca.1226) visse in piena epoca templare, tanto da partire per le Crociate al seguito di Gualtiero di Brienne, fratello del re di Gerusalemme, e combattere per il papa. Si tramanda il racconto di un sogno che il santo avrebbe fatto a proposito di una sala piena di armi e scudi, a testimonianza della sua inclinazione cavalleresca, in un'epoca in cui l'acme della cavalleria era proprio l'Ordine del Tempio che, come è documentato, era presente anche ad Assisi».

 

La Chiesa

Tornando all'edificio in esame, esso ha subito alcune modifiche nel corso dei secoli, sicuramente nel 1709 (la volta della chiesa mostra infatti un mattone che riporta tale data) e nel 1779, allorché un incendio distrusse l'archivio dei frati, risparmiando un libro probabilmente inerente agli aspetti gestionali, ora scomparso. «La Chiesa ‑ continua don Nando Dormi, che in questi anni ha esaminato molte pergamene riguardanti Costacciaro ‑ non ha rivalutato l'Ordine, sciolto con decreto amministrativo, in quanto ritenuto ormai terminato il suo compito di protezione dei pellegrini e dei territori conquistati in Terra Santa. Pertanto, a differenza di ciò che è scritto in alcuni testi, non si è trattato di scomunica, nonostante questa fosse auspicata da Filippo il Bello, eppure i cavalieri del Tempio di Gerusalemme vennero inquisiti e processati, screditati con accuse poi risultate false. Uno dei maggiori inquirenti del processo templare a Gubbio era proprio di Costacciaro, tale Hubaldus, monaco avellanita della famiglia Guelfoni, forse in attrito con i Cavalieri lì presenti per questioni economiche». Osservando la facciata, la chiesa francescana appare imponente, con portale e rosone mirabilmente elaborati, a riprova della ricchezza di chi la gestiva all'epoca della sua costruzione. E' curioso notare all'angolo di un palazzo nella parte opposta della strada un volto di pietra. («iL Bafomet o forse il volto della Veronica?», si chiede il sacerdote) il cui sguardo è rivolto proprio al portone, ai lati del quale sono presenti due zampe di leone raffigurate nell'atto di ghermire un cane, protetto da una mano: una simbologia che richiama quella di San Bevignate. Alcuni documenti attestano che sul rosone fossero inizialmente presenti Giovanni Battista e l'Agnus Dei, altri elementi tipici dell'iconografia templare. All'interno dell'edificio il ricercatore ci mostra gli affreschi scoperti di fronte ai quali è impossibile non restare affascinati, pregni come sono dei simboli che siamo abituati ad attribuire all'Ordine del Tempio di Gerusalemme. Sembra quasi assurdo che qualcuno nutra dei dubbi in proposito. Superato l'ingresso si offrono agli occhi del visitatore le prime evidenze: sul lato destro della chiesa, tra i caldi toni del rosso e dell'arancione di un Cristo crocifisso, una prima croce patente e più in basso un guerriero, di cui si riconoscono l'elmo e la calzamaglia. Sulla parete di sinistra è presente un'altra croce di tipologia templare, di colore rosso, con i bracci terminanti a mo' di clarine, simili a simboli solari. Poco oltre il portale due colonne ai lati della chiesa presentano, poste una di fronte all'altra, due lapidi su cui sono raffigurati una croce patente inscritta nel cerchio, un fiore della vita (rosetta per gli storici dell'arte e simbolo classico dell'iconografia del Tempio), un fiordaliso che, come ricorda don Nando Dormi, fa parte del sigillo dei monaci Cistercensi, infine delle scritte gotiche contratte su cui il sacerdote e gli altri studiosi stanno ancora elaborando ipotesi interpretative. «Quando le vidi per la prima volta ‑ prosegue il sacerdote ‑ le scritte erano in parte coperte da intonaco, pertanto mi dedicai pazientemente a pulirle. In origine la chiesa era costituita dalla navata centrale e da parte di quella di sinistra, arrivando fino alla porta laterale qui presente. Lo si deduce dal fatto che, accedendo all'esterno, la parete oggi scialbata presenta pietre identiche a quelle della facciata». Ed è proprio la navata sinistra, in fondo, a presentare notevoli affreschi svelati in questi anni e in precedenza volutamente occultati. Sono visibili un cavaliere con l'usbergo, una dama e un monaco, quest'ultimo raffigurato nell'affresco due volte, con aureola e con indosso una pazienza nera, identificato da molti con Sant'Antonio. Lo studioso spiega: «Ammesso e non concesso che si tratti di Sant'Antonio, la domanda che ci poniamo è se la veste di colore bianco e nero sia da attribuire ai Cistercensi o ai Celestiniani. Sappiamo che Celestino V, a Mantova e al santuario di Collemaggio all'Aquila, dove è sepolto, viene rappresentato con gli stessi abiti. Inoltre l'edificio di Costacciaro era inizialmente dedicato a San Pietro e a San Tommaso e proprio i Celestiniani erano soliti effettuare la dedica a San Pietro, mentre i Cistercensi intitolavano le loro chiese alla Madonna». Nell'affresco il monaco esce dal sepolcro, immagine che troviamo anche a San Bevignate, e secondo la Leggenda Aurea l'abate Sant' Antonio era solito dormire proprio in una tomba. Oltre alle figure suddette sono visibili dei demoni e una testa barbuta. Proseguendo con lo sguardo sulla destra, un altro affresco, adiacente al primo, presenta alcune croci inscritte in cerchi, delimitate da cinque punti rossi, richiamo alle piaghe di Cristo, una sorta di ruota quindi, a simboleggiare la ciclicità della vita. Ancora una volta lo stesso elemento si ritrova a San Bevignate. Un'altra prova determinante della presenza dei Templari a Costacciaro è visibile sulla parete destra, dove una pietra incastonata in un antico pilastro reca incisa una croce patente sempre inscritta all'interno di un cerchio. Dalla sacrestia, dove giacciono in una pregevolissima urna del XVII secolo le spoglie del Beato Tommaso, patrono del Comune umbro, si accede al campanile dalla splendida volta a costoloni e sulle cui pareti si scorgono tracce di altri affreschi. Don Nando Dormi commenta: «Solo uno sconsiderato farebbe degli affreschi sotto al campanile, quindi è probabile che originariamente fosse qui posta un'altra struttura, forse aperta, data la presenza di pietre squadrate adiacenti ad altre di diversa tipologia, come a chiudere il luogo. Quali storie misteriose raccontavano gli affreschi che poi furono ricoperti?». Restando all'interno della sacrestia, un altro pezzo forte dei ritrovamenti effettuati dal sacerdote ci lascia senza fiato per la particolare bellezza: un'acquasantiera murata per uno spessore di 75 centimetri, su cui sono raffigurati al centro del bordo una croce patente e lateralmente due fiori della vita rossi, rispettivamente richiami, come suggerisce il ricercatore, a Maria, Cristo e Giovanni, altro esempio di simbologia templare. Se fosse rimasta intatta sarebbe stata mirabile anche una fontana, scoperta dal parroco rompendo una parete, purtroppo danneggiata e murata probabilmente dai frati negli anni Cinquanta. Una perdita compensata da un grande ritrovamento, effettuato ancora una volta in seguito a lavori di manutenzione all'interno dell'edificio. Si tratta di un antico chiostro aperto, con pareti dalle pietre ancora perfettamente conservate; su cui tracce di pigmento nero e rosso rivelano la presenza di vecchi affreschi, in seguito volutamente nascosti. Ben più evidenti sono delle frecce, con la punta rivolta a destra e a sinistra, che decorano gli archi di una finestra e dell'accesso all'ultima stanza, dove si possono ammirare una rosetta a otto bracci e i segni in rosso e in nero di una possibile sinopia. Nella stessa stanza si può ipotizzare la presenza del pavimento originale e di quello settecentesco sottostanti strati di terra di riporto, nonché una nicchia e una finestra sulla parete che oggi si affaccia a una scala.

Una carta murata

È un luogo, la chiesa di San Francesco, ricco di storia volutamente occultata e di continui spunti per gli studiosi di archeologia e di Templari in particolare, un luogo che ha regalato al sacerdote e studioso l'emozione della scoperta di un passato lontano, di cui ancora portiamo i segni nella nostra cultura. È un incontro con i misteri: quelli svelati, come gli affreschi e il chiostro; quelli su cui si stanno elaborando ipotesi, come le scritte gotiche o una curiosa antica carta da gioco, ritrovata sempre da don Nando Dormi, murata con la calce viva. Forse misteri di cui ancora si ignora l'esistenza. Infatti negli ultimi mesi sull'intonaco della sacrestia stanno emergendo tracce di strane forme lanceolate, mentre sull'asfalto adiacente alla chiesa sono evidenti fenomeni di subsidenza del terreno, fino a formare dei tracciati curvilinei: è probabile si tratti del lavoro fisico degli elementi naturali, ma non si esclude la possibilità di ulteriori segreti da svelare. Quel che è certo è che Costacciaro ha molto materiale di valore per scrivere un altro capitolo delle vicende dell'Ordine del Tempio, in merito alla sua appartenenza a una zona in cui i Templari operarono a lungo, come è documentato. Del resto l'ultimo gran precettore dell'Ordine in Italia si chiamava Fra' Jacopo da Monte Cucco, che si vuole piemontese. E se invece fosse stato proprio umbro?