Ludovico Carbone da Costacciaro, insigne umanista del XVI secolo

di Euro Puletti

 

Venerdì 30 agosto ultimo scorso, alle ore 21:00, Il Comune di Costacciaro e la Parrocchia di San Marco, nell’ambito delle celebrazioni in onore del Beato Tomasso da Costacciaro, hanno organizzato una serata di studi, interamente dedicata ad uno dei figli più illustri di questa terra: Ludovico Carbone. La relazione è stata tenuta, per lo spazio di due ore circa, dal Dottor Euro Puletti. La manifestazione ha visto una nutrita partecipazione di pubblico. Da tale relazione si estrapolano, liberamente, i seguenti passi testuali:

 

 

 

 

Vice sindaco Dott. Emilio Bellucci

Prof. Euro Puletti

Secolo d’oro fu, il XVI, anche per Costacciaro, che, al pari dell’Italia tutta del Rinascimento, conobbe la sua propria rinascenza. Così scrive, infatti, il grande storico eugubino, del XVII secolo, Vincenzo Armanni, in riferimento a Costacciaro ed ai suoi uomini più illustri: «È riguardevolissimo frà gli altri castelli di questa giurisdizzione il prefato luogo di Costacciaro, sette miglia distante da Gubbio, per aver dato al mondo molti vescovi, e generali d’ordini, e gran moltitudine d’uomini letterati, fra’ quali tiene il suo luogo Lodovico Carboni, uomo d’insigne letteratura». Nel corso del 1500, infatti, fiorirono a Costacciaro figure d’elevata cultura a livello regionale e nazionale, e grandi predicatori, quali Bonaventura Pio Fauni, Pietro Fauni, Bernardino Boldrini (tre “voci in capitolo” al Concilio di Trento!), Flavio Fauni, lo studioso di filosofia Urbano Longhi, il professore di filosofia Matteo Sammattei, Padre Maestro Dionisio Sammattei, inquisitore generale della città di Firenze e dell’intero suo dominio, nonché reggente del Convento dell’Annunziata della stessa città, contemporaneo, e, assai probabilmente, intimo amico, quest’ultimo, del massimo umanista costacciarolo: Messer Ludovico Carbone.

Ludovico Carbone, o Carboni, è stato, senza ombra di dubbio, il più illustre soggetto cui Costacciaro abbia dato i natali in campo letterario. Nacque a Costacciaro nel 1532, fu Maestro (cioè a dire ‘rettore’) dello Studio perugino, nell’anno 1570, fiorì attorno al 1585, e morì, a Venezia (dov’è presumibilmente sepolto), circa l’anno 1590. Nell’anno 1551, cioè a dire all’età di diciannove anni, lasciò la propria firma all’interno della Grotta di Monte Cucco, e, visto che l’esplorazione di tale cavità, in quei tempi assolutamente pionieristica ed assai rischiosa, richiedeva un’età quanto meno matura, vale a dire giunta almeno sui trent’anni, possiamo da ciò arguire come Carbone, precoce e grande, non lo fosse stato solo in campo letterario, ma, anche, speleologico. Poco o nulla ci è stato tramandato circa l’educazione ricevuta da Carbone. È, però, assai probabile che egli conducesse i suoi primi studi presso gli eruditissimi Frati Francescani Minori Conventuali di Costacciaro. Dovette, poi, passare a formarsi in ambito ecclesiastico eugubino, al tempo del grande Vescovo (poi Cardinale, e, infine, Papa, con il nome di Marcello II) Marcello Cervini. Nell’opera Interior homo (‘l’uomo interiore’), Carbone ringrazia espressamente, per gli insegnamenti ricevuti, l’“Ill.mo ac Rev.mo Dominus Octavio Accorombono”, Eugubino, vescovo di Fossombrone. Agli ammaestramenti dell’Accoromboni, Carbone confessa di dovere molto del suo successo e di quello di quest’opera. Dalla lettura d’alcune altre delle sue opere sappiamo, poi, che egli fu, per molti anni, allievo dei Padri Gesuiti ed in particolare di Padre Claudio  Acquaviva, che diverrà Ministro generale della Compagnia di Gesù (allora detta  “Societas Iesu”), ed al quale, in progresso di tempo, Carbone dedicherà l’opera Vir iustus (‘l’uomo giusto’). È altresì plausibile, che, proprio presso i Gesuiti (i quali, come si sa, hanno sempre tenuto in gran conto la rigorosa preparazione culturale), Carbone fosse ordinato sacerdote. È, infatti, impensabile, che, in epoca controriformistica, si potesse giungere ad essere Magister Sacrae Theologiae (cioè ‘Maestro di Sacra Teologia’) e scrivere, liberamente ed in maniera diffusa, sulla dottrina cristiana ed il catechismo, senza essere almeno divenuto presbìtero. Egli dovette, dunque, essere sacerdote gesuita, o, in seconda ipotesi, domenicano.

Di Carbone si parla in numerosi scritti, di letterati e storici, tra i secoli XVI e XVII. Ne L’esemplare della gloria, Carbone è menzionato dal “cronista regio”, e storico eugubino, del XVII secolo, il Padre olivetano Don Bonaventura Tondi, il quale, a tal proposito, annotava: «Fù soggetto di grandissima abilità, e di squisito talento Ludovico Carboni, il quale fiorì l’anno 1585. & è il suo nome celebre nelle stampe, essendo meritevoli i suoi inchiostri de i forzieri di Dario». Un’importante opera del Carbone fu, come accennato, Interior homo, vel de suiipsius cognitione (vale a dire, ‘sull’uomo interiore’, o, ‘sull’anima umana, ovverosia sulla conoscenza di sé stessi’), edizione in pergamena del 1585. Della sua eccellenza nelle “humanae litterae” trattarono Onofrio Panuinio, nella Cronologia ecclesiastica, Bartolomeo Zucchio (scienziato e scrittore gesuita, 1586- 1670), nella Sua Idea, Orazio Lombardello ed altri scrittori.

Secondo quanto scrive Vincenzo Armanni, Carbone rese edita una serie ininterrotta di “opere di numero sopra trenta”. Alcuni di questi libri saranno, poi, pubblicati postumi tra il 1590 ed il 1599, segno lampante, questo, della sua grande fama, ormai chiara e consolidata. Ludovico Carbone rese, dunque, editi numerosissimi volumi, la cui cronologia va dal 1583 al 1599: sedici anni di studi “pazzi e disperatissimi”, si potrebbe dire, mutuando tale celeberrima frase da Leopardi. L’opera più ampia è “La divina istituzione”, in 25 libri, l’ultima, Il Tractatus de legibus (‘Trattato delle leggi’), in 18 libri, stampato, a Venezia, nel 1599.

Le seguenti cinque opere del nostro autore trovano attualmente collocazione presso la Biblioteca Universitaria d’Urbino:

  1. l’Introductionis in Universam Philosophiam;
  2. il De quaestionibus oratoriis libri duo;
  3. il De elocutione oratoria;
  4. il De oratoria, et dialectica inventione;
  5. il De praeceptis Ecclesiae opusculum utilissimum.

 

Una ventina di opere del nostro Ludovico Carbone sono conservate all’interno del fondo antico della Biblioteca Sperelliana di Gubbio; esse sono:

  1. il Compendium […] totius summae theologiae (Damiani, Venezia, Zenarij, 1587, collocazione: III 39 D 20);
  2. il De caussis eloquaentiae (Venezia, Zenarium, 1593, coll.: III 33 K 19);
  3. il De disputatione oratoria (Venezia, Zenarum, 1590, coll.: III 33 K 18);
  4. il De officio oratoris […] (Venezia, Guerrilium, 1596, coll.: III 33 K 16);
  5. il De octo partium orationis constructione libellus (Venezia, Johannem Baptistam Ciottum, 1592, coll.: III 33 K 20);
  6. il De elocutione oratoria (Venezia, Johannem Baptistam Ciottum, 1592, coll.: III 33 K 17);
  1. il De oratoria, et dialectica inventione (Venezia, Zenarum, 1589, coll.: III 33 K 14);
  2. il De pacificatione et dilectione inimicorum iniuriarumque remissione cum appendice De amore et concordia fraterna (Florentiae, Bartholomaeum Sermertellium, 1583 coll.: III 36 A 3);
  3. il De praeceptis Ecclesiae opusculum utilissimum (Venezia, Nicolaum Morettum, 1596, coll.: II 7 A 39);
  4. l’Introductio ad Catechismum, sive Doctrina Christiana (Venetiis, Ad signum Leonis, 1596, coll.: 33 I 14);
  5. l’Introductio in Sacram Theologiam, sex comprehensa libris (Venetiis, Iohannem Variscum & Paganinum de Paganinis, 1589, coll.: III 35 I 5);
  6. l’Introductionis in Logicam, sive totius logicae compendij absolutissimi (Venezia, Iohannem Baptistam & Iohannem Bernardum Sessam, 1597, coll.: III 33 A 4);
  7. l’Introductionis in universam philosophiam libri quattuor (Venezia, Marcum Antonium Zalterium, 1599, coll.: III 33 A 5);
  8. il Tractatus de Legibus (Venetiis, Guerilium, 1599, coll.: II 27 D 2);
  9. il De quaestionibus oratoriis  libri duo (Venezia, Zenarium, 1593, coll.: III 33 K 15);
  10. il Divinus orator, vel de Rhetorica divina (Venetiis, apud Societatem Minimam, 1595, coll.: III 45 I 6);
  11. L’huomo giusto o la centuria (vale a dire ‘l’insieme di cento unità’) delle lodi dell’huomo cristiano del signor Lodovico Carbone da Costacciaro (tradotto dal Reverendo Padre Leonardo Cernoti, Canonico di San Salvadore, in Venetia, Giacomo Somasco, 1594, coll.: III 39 D 22);
  12. l’Interior homo, vel de suiipsius cognitione (Venetiis, Iohannem Variscum & Paganinum de Paganinis, 1585, coll.: III 33 I 16/III 58 F 6);
  13. l’Orationis dominicae ampla expositio […] autore Ludovico Carbone a Costaciaro […] (Venetiis, Iohannem Baptistam Somaschum, 1590, coll.: III 40 A 21);
  14. il Tractatus de omnium rerum (Venetiis apud haeredes Iohannis Baptistae Somaschi, 1592, coll.: III 33 I 17);
  15. il Vir iustus, vel de laudibus hominis christiani, centuria […] nunc primum in lucem edita, autore Ludovico Carbone a Costaciario (Venetiis, apud Iacobum Bendolum, 1585, coll.: III 35 A 6).

 

Viene ora da chiedersi come mai siano giunti così tanti libri di Carbone nella Biblioteca Comunale Sperelliana. Fu, probabilmente, proprio Alessandro Sperelli, dottissimo vescovo di Gubbio, a raccogliere, per il tramite del suo predecessore, Mariano Savelli, che aveva istituito l’Archivio Diocesano, i testi latini del nostro Carbone e a conservarli nella biblioteca che da lui prenderà successivamente il nome. Molte opere di Carbone sono sparse in varie biblioteche nazionali ed estere; di lui si tratta, poi, in Olanda, Ungheria ed in altri Paesi. Nel XV secolo, a Costacciaro, esisteva un predio agricolo della località Trébbio che dovette essere di proprietà della famiglia Carbone: Collis Carboni o Colle Carbone, che, tradotto, vale ‘Colle di Carbone’ o ‘Colle di proprietà dei Carbone’. In un documento eugubino del 1120, raccolto e trascritto da Pio Cenci, in Carte e diplomi di Gubbio dal 900 al 1200, compare già la forma toponimica di base, Colle Carbo, dalla quale potrebbe essere disceso l’antico toponimo costacciarolo. In un documento del 1625, relativo a Costacciaro, figura una probabile discendente di Ludovico Carbone: «donna Claudia Carboni». Quasi tutte le opere di Carbone terminano con la seguente dedica, tradotta dal latino: “Lode a Dio ed alla Vergine Annunziata”.