Giovedì 16 luglio 2009

Costacciaro Uno studioso ha scoperto i più antichi documenti in materia

Il monte Cucco ai tempi della transumanza

Costacciaro - Il noto studioso fabrianese Federico Uncini ha scoperto il più antico documento archivistico, a noi finora noto, che ci parli, a chiare lettere, della pratica pastorale della transumanza sul monte Cucco. L'atto compare in una fitta documentazione che l'Uncini stesso ha pazientemente raccolto, ed ordinato in ordine cronologico, sulla nobile signoria rurale dei de Guelfonibus, o Guelfoni, di Gubbio, i quali possedevano estese proprietà terriere anche tra Sigillo, Scirca e Costacciaro ed un castello sul monte Cucco, il Castrum castilionis filiorum guelfonis, tramite il quale controllavano traffici e commerci transappenninici, facendosi pagare pedaggi in quest'area, assai strategica, perché al confine con la Marca d'Ancona. Il documento in questione risale al 7 aprile dell'anno 1279, quando Munaldello del fu Armanno Guelfoni, abitante in Gubbio, dà garanzia al notaio del capitano del popolo di Perugia di non concedere quelle mille pecore con i loro agnelli al di fuori del distretto di Perugia senza il permesso del citato signor capitano, il quale già accordò, al medesimo Munaldello (sotto l'intimazione, però, della pena di 500 libbre e più, a discrezione dello stesso capitano), la licenza di ricondurre quelle pecore, dalla Maremma, nelle pertinenze di Sigillo e Fossato. Il giorno successivo vengono contati le pecore, gli agnelli ed i capretti che risultano essere 1300. "Stando alla lettera del documento - scrive Federico Uncini - parrebbe che Munaldello partecipasse di persona alla transumanza del suo numeroso gregge". In un altro ed ancor più antico documento sui Guelfoni, datato 7 settembre 1283 e reperito sempre dallo stesso Uncini, si trova menzionato, inoltre, il soprannome, Loccius, del nobile Iacopuccio di Andrea, un ricco signore di Branca. Il nomignolo Loccius è importante, poiché potrebbe spiegare l'origine del toponimo, della montagna di Sigillo, "Prataloccio", cioè prato di proprietà di Loccio, un'area prativa, anche questa, che non fu senz'altro estranea al fenomeno della transumanza ovina.

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