Ritrovati affreschi e opere d'arte nella duecentesca chiesa di Costacciaro

I tesori scoperti da don Nando Dormi

 

 

Costacciaro - Correva l'anno 1998, quando, all'indomani del terremoto del 1997, l'attuale parroco di Costacciaro, don Nando Dormi, allora Padre francescano minore conventuale, metteva per la prima volta piede nella fatiscente chiesa di San Francesco, ancora puntellata, a causa dei gravi danni, cagionati dal suddetto sisma. Rimboccandosi subito le maniche, e lavorando indefessamente per sette lunghi, e difficili, anni, don Nando può, oggi, essere sicuramente annoverato fra quei pochi sacerdoti, che, in assoluto, sul piano delle realizzazioni pratiche per Costacciaro, hanno fatto davvero la differenza. Lavorando di concerto con la Soprintendenza ai beni ambientali, architettonici, artistici, e storici dell'Umbria, don Nando ha, in particolare, negli ultimi quattro anni, fatto una serie notevolissima di scoperte all'interno della duecentesca chiesa conventuale francescana di Costacciaro: I rinvenimenti, propiziati dai restauri post‑terremoto (per cui don Nando parla, scherzosamente, di "San Terremoto"), consistono, fondamentalmente, in una serie d'interessanti affreschi, evidenziati dai saggi, effettuati, sulle pareti interne, dalla stessa Soprintendenza. I dipinti parietali, d'epoca medioevale, rappresentano vari soggetti. Di particolare interesse, un dipinto, collocato al fondo della navata sinistra, e proseguente fino al soffitto. Esso ha per oggetto un santo aureolato, appartenente, data la pazienza nera che indossa, con tutta probabilità, all'ordine cistercense. Di questo avviso fu anche l'autorevole don Goffredo Viti, ex archivista della Certosa di Firenze, per il quale, il salito effigiato, rappresentava, con quasi assoluta certezza, un fratello converso. Elevandosi da un'urna sepolcrale, il santo in narrativa solleva in alto un braccio. Questi, poi, sembra come farsi schermo da un'incombente presenza demoniaca, ma ciò che egli fissa appare molto confuso, a causa della quasi totale caduta di colore di quest'area affrescata. Di grande suggestione, ed assoluta significatività, sono, ancora, altrettante croci, di tipologia, a dir poco, insolita. Sono bianche, inscritte in due cerchi concentrici, e come "stigmatizzate" dalle cinque piaghe del Cristo, realizzate col rosso, simbolo del salvifico sangue del Salvatore. Più importante fra tutte, appare, tuttavia, la scoperta di due piccole lapidi, poste, l'una di fronte all'altra, all'inizio dei due lati interni della navata centrale. In esse compaiono altrettanti croci greche patenti, di lampante tipologia templare, accompagnate dal consueto simbolo della rosetta a sei petali, inscritta in un cerchio, e perfettamente confrontabili con quelle incise sul lapideo portale d'ingresso alla "templarissima" chiesa perugina di San Bevignate, nonché al suo interno. Sotto ad uno degli altari laterali della navata di destra (forse facente originariamente parte di un arco del chiostro) è stata scoperta, come incastonata nel parametro murario, un'altra pietra, sulla quale è nuovamente incisa una croce patente, molto simile a quelle testè descritte. Recentissimo è, poi, sempre da parte del parroco, il rinvenimento del grande chiostro di San Francesco, di singolare pianta trapezoidale, del quale neppure si supponeva l'esistenza. Gli archi che lo compongono, costruiti in duttile pietra calcarea del Monte Cucco ("Pietra del Forno"), perfettamente acconcia, mostrano una luce interna, da pilastro a pilastro, di quasi tre metri. Sopra il chiostro debbono, assai verisimilmente, esistere talune aperture, del tipo di monofore, bifore o trifore, oggi risultanti tutte completamente accecate. È auspicabile che il Comune e la Soprintendenza diano a don Nando la possibilità di fare dei saggi, poiché il parroco ha dimostrato di avere gran fiuta e di essere guidato da una superiore mano ispiratrice. La scoperta delle scoperte, tuttavia, è avvenuta il 17 luglio 2004, quando, grattando nel muro della sacrestia di San Francesco, don Nando ha rilevato la presenza di un'acquasantiera, di bellissima fattura, ma volutamente occultata, nello spessore dell'intonaco del muro.

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