Il parroco don Nando autore di una serie di preziosi rinvenimenti avvenuti con il restauro

San Francesco e la chiesa delle infinite scoperte

 

 

Costacciaro - Il parroco di Costacciaro, don Nando Dormi, lavorando di concerto con la Soprintendenza ai Beni ambientali, architettonici, artistici, e storici dell'Umbria, ha, negli ultimi quattro anni, fatto una serie notevolissima di scoperte all'interno della duecentesca chiesa di San Francesco. I rinvenimenti, propiziati dai restauri, resisi necessari dopo il terremoto del 1997, consistono essenzialmente in una serie d'interessanti affreschi, evidenziati dai saggi, effettuati, sulle pareti interne, dalla stessa Soprintendenza. I dipinti parietali, d'epoca medioevale, rappresentano vari soggetti. Fra essi, sulla parte bassa della controfacciata, subito a destra dell'ingresso, una deposizione, sotto alla quale figura l'iscrizione, in gotico, "Hic est sepulcrus Stephan Ugubinuti", "qui vi è il sepolcro di Stefano Ugubinuti": Tale sepoltura, appartenente ad un importante quanto ignoto personaggio, potrebbe trovarsi sia nello spessore del muro maestro, sia nel sottostante pavimento. Tale dilemma sarà probabilmente sciolto solo con il progettato scoprimento e rifacimento della pavimentazione. Un'altra pittura parietale, che si trova immediatamente a sinistra dell'ingresso, riproduce una croce latina, rossa e pomellata, mostrante una simbologia ancora poco chiara. Di grande interesse, un terzo dipinto, collocato al fondo della navata sinistra, ed apparentemente proseguente fino al soffitto. Esso ha per oggetto un santo, che, elevandosi da un'urna sepolcrale, solleva in alto un braccio. Dapprima riconosciuto nel Beato Tomasso, eremita camaldolese, e patrono di Costacciaro, il personaggio sacro è oggi di controversa identificazione, poiché "la pazienza" nera, che porta sopra la divisa monastica bianca, ne fa escludere l'appartenenza ai Camaldolesi, mentre, il capo aureolato, nega del tutto la circostanza che possa essere un beato. Il santo sembra come farsi schermo da un'incombente presenza demoniaca, ma ciò che egli fissa appare molto confuso, a causa della quasi totale caduta di colore di quest'area affrescata. Un'altra pittura parietale compare verso il presbiterio, e vi figurano due personaggi sacri, per ora non meglio identificabili, a causa dell'assenza del capo. Di grande suggestione sono, invece, nella stessa opera, altrettante croci, di tipologia, a dir poco, insolita. Sono bianche, inscritte in due cerchi concentrici, a mo' di ruote, e come "stigmatizzate" dalle cinque piaghe del Cristo, realizzate col rosso, simbolo del salvifico sangue del Salvatore. Più importante fra tutte, appare, tuttavia, la scoperta di due piccole lapidi, poste, l'una di fronte all'altra, all'inizio dei due lati interni della navata centrale. In esse compaiono altrettanti croci greche patenti, di lampante tipologia templare, accompagnate dal simbolo di un fiore a sei petali, inscritto in un cerchio, e perfettamente confrontabile con quelli incisi sul lapideo portale d'ingresso alla "templarissima" chiesa perugina di San Bevignate. Al, di sotto delle croci campeggiano l'araldico simbolo del "rastrello", e del cosiddetto "giglio fiorentino", nonché due brevi e contratte epigrafi in caratteri gotici. Si sta, ora, intensamente lavorando alla loro interpretazione, cercando anche di capire quali legami unissero i Templari alla "chiesa madre" di Costacciaro, che, e questa è ancora un'altra sensazionale scoperta di don Nando, doveva essere, in origine, un'abbazia benedettina, con il titolo di San Pietro, molto simile, per forma e dimensioni, alla romualdina Santa Maria Assunta di Sitria. Sembra, in ultimo, che la possente e bastionata torre campanaria dovesse essere stata una delle prime opere di difesa dell'antico Castrum Collistacciarii.

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