domenica 6 maggio 2007

 

Festa dei piccoli Comuni

In vetrina gli uliveti locali

CostacciaroLa coltura dell'ulivo all'ombra del Monte Cucco sarà una delle peculiarità al centro delle iniziative della festa nazionale della Piccola grande Italia promossa da Legambiente. Nel territorio pedemontano di Costacciaro, ma essenzialmente sulle prime pendici assolate dei suoi monti, rivolte ad occidente, e soprastanti la Via Flaminia, si coltivano, da tempo immemorabile, gli ulivi. Qui l'ulivo, favorito dal perdurante riscaldamento solare, dai terreni calcarei ben drenati e dalla scarsa umidità dell'aria, vegeta, tranquillamente, sino oltre i 600 metri a Costa San Savino. E' inoltre da segnalare la presenza residuale di taluni oliveti plurisecolari, come quello cosiddetto "De Leri". Le varietà d'ulivo, fatte oggetto di coltivazione nel territorio di Costacciaro e dintorni, sono le seguenti: "raggiòla", "raggio", "pallona" o "rigalese", "leccino" Con il termine dialettale "raggiòla" si indica, localmente, sia la cultivar omonima sia la varietà "raggio", oltreché qualsiasi altra varietà coltivata d'ulivo a frutto piccolo e piccolissimo. La coltivar d'ulivo, denominata "rigalese" (da "Rigali", frazione di Gualdo Tadino, nella quale la sua coltura è particolarmente diffusa) è stata selezionata, nei secoli, per resistere alle basse temperature invernali delle nostre aree pedeappenniniche. La "rigalese" riesce, infatti, a "fronteggiare" temperature di molti gradi sotto lo zero. Non è, perciò, un caso se tale varietà coltivata d'ulivo uscì sostanzialmente indenne dalle terribili gelate dell'inverno 1985, che fecero, invece, un'ecatombe fra gli ulivi della restante parte dell'Umbria e della Toscana. Le qualità organolettiche ottenibili da questa cultivar sono davvero eccellenti, fra le migliori, in senso assoluto, dell'Umbria. La pianta produce, infatti, una bassa quantità d'olive, inconveniente, questo, che va a tutto vantaggio della qualità, spesso sopraffina, dell'olio. Nelle nostre zone, piccoli uliveti erano messi a dimora dai contadini anche lungo le colline marnoso‑arenacee, situate verso Gubbio, oltre il fiume Chiascio, ma la scarsa presenza di terreni calcarei e drenati, unita alla maggiore, e più persistente, umidità atmosferica di quei luoghi, sfavoriva alquanto lo sviluppo di tale coltura. L’olio prodotto da queste piante risultava, infatti, di sovente scarso, particolarmente grasso e di sapore ben poco gradevole: In passato, quasi tutte le olive ottenute nel territorio del Parco erano portate a spremere nei locali frantoi oleari. Molti di questi molini ad acqua erano situati lungo il torrente Scirca. Un patrimonio che oggi viene messo in primo piano.

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