Anno 1° numero 13 Settembre 2002

 

Con il dottor Euro Puletti alla scoperta del grande letterato

Ludovico Carbone ha lasciato il segno nel comprensorio

di Guido Giovagnoli

 

 

 

Il Comune di Costacciaro e la parrocchia di San Marco, nell'ambito delle celebrazioni in onore del Beato Tomasso da Costacciaro, il 30 agosto scorso hanno indetto una serata di studi, interamente dedicata ad uno dei figli più illustri di questa terra: Ludovico Carbone. La relazione è stata tenuta dal dottor Euro Puletti di fronte ad una nutrita partecipazione di pubblico. Proprio con il dottor Puletti abbiamo approfondito l'argomento. «Il XVI secolo fu un secolo d'oro anche per Costacciaro, ‑ rivela il dottor Puletti ‑ che, al pari dell'Italia del Rinascimento, conobbe la sua propria rinascenza. Nel corso del 1500, infatti, fiorirono figure d'elevata cultura a livello regionale e nazionale e tra questi troviamo il massimo umanista costacciarolo: Ludovico Carbone».Chi è stato Ludovico Carbone? «Carbone o Carboni, è stato, senza ombra di dubbio, il più illustre soggetto cui Costacciaro abbia dato i natali in campo letterario. Nacque nel 1532, fu maestro (cioè a dire ‘rettore’) dello studio perugino, nell'anno 1570, fiorì attorno al 1585, e morì, a Venezia (dov'è presumibilmente sepolto), circa l'anno 1590. Nell'anno 1551 lasciò la propria firma all'interno della grotta di monte Cucco. Poco o nulla ci è stato tramandato circa l'educazione ricevuta da Carbone. È, però, assai probabile che egli conducesse i suoi primi studi presso gli eruditissimi Frati Francescani Minori Conventuali di Costacciaro. Dovette, poi, passare a formarsi in ambito ecclesiastico eugubino, al tempo del grande Vescovo (poi Cardinale, e poi Papa, con il nome di Marcello II) Marcello Cervini». Si è soliti dedurre la formazione del Carbone da alcuni scritti. Può sintetizzare questo passaggio? «Nell'opera "Interior homo", Carbone ringrazia espressamente, per gli insegnamenti ricevuti, 1’ “Ill.mo ac Rev.mo Dominus Ottavio Accorombono”, eugubino, vescovo di Fossombrone. Agli ammaestramenti dell'Accoromboni, Carbone confessa di dovere molto del suo successo e di quello di quest'opera.

 

 guido.giovagnoli@prometeoedizioni.it

Dalla lettura di altre opere sappiamo che egli fu, per molti anni, allievo dei Padri Gesuiti ed in particolare dì Padre Claudio Acquaviva, che diverrà Ministro generale della Compagnia di Gesù (allora detta "Societas Iesu"), ed al quale, in progresso di tempo, Carbone dedicherà l'opera Vir iustus (‘l'uomo giusto’). È altresì plausibile, che, proprio presso i Gesuiti, Carbone fosse ordinato sacerdote. È, infatti, impensabile, che, in epoca controriformistica, si potesse giungere ad essere Magister Sacràe Theologiae (cioè ‘Maestro di Sacra Teologia’) e scrivere, liberamente ed in maniera diffusa, sulla dottrina cristiana ed il catechismo, senza essere almeno divenuto presbìtero. Egli dovette, dunque, essere sacerdote gesuita, o, in seconda ipotesi, domenicano». Di Carbone parlano numerosi scritti di letterati e storici, tra ì secoli XVI e XVII. «Ne "L'esemplare della gloria", Carbone è menzionato dal "cronista regio", e storico eugubino, del XVII secolo, il Padre olivetano don Bonaventura Tondi. Un'importante opera del Carbone fu, come accennato, Interior homo, vel de suiipsius cognitione (vale a dire, ‘sull'uomo interiore’, o; ‘sull'anima umana, ovverosia sulla conoscenza di sé stessi’), edizione in pergamena del 1585. Della sua eccellenza nelle "humanae litterae" trattarono Onofrio Panvinio, nella cronologia ecclesiastica, Bartolomeo Zucchi (scienziato e scrittore gesuita, 1586‑1670), nella "Sua Idea", Orazio Lombardello ed altri scrittori. Secondo quanto scrive Vincenzo Armarmi, Carbone rese edita una serie ininterrotta di "opere di numero sopra trenta". Alcuni di questi libri saranno, poi, pubblicati postumi tra il 1590 ed il 1599, segno lampante, questo, della sua grande fama, ormai chiara e consolidata. Ludovico Carbone rese, dunque, editi numerosissimi volumi, la cui cronologia va dal 1583 al 1599: sedici anni di studi "pazzi e disperatissimi", si potrebbe dire, mutuando tale celeberrima frase da Leopardi. L'opera più ampia è "La divina istituzione", in 25 libri, l'ultima, Il Tractatus de legibus (‘Trattato delle leggi’), in 18 libri, stampato, a Venezia, nel 1599. Dove trovano a tutt'oggi collocazione le opere del Carbone? «Alcune, esattamente cinque, presso la Biblioteca Universitaria d'Urbino. Una ventina sono conservate all'interno del fondo antico della Biblioteca Sperelliana di Gubbio. Altre sono sparse in varie biblioteche nazionali ed estere, Olanda, Ungheria ed in altri paesi».