Anno XVIII - N. 3 - 13 febbraio 2005

COSTACCIARO

 

 

La "Caverna di Monte Cucco" ed i pionieri fabrianesi

La Grotta di Monte Cucco, profonda ben 922 m, e lunga oltre 30 km, costituisce, in assoluto, uno dei fenomeni carsici più rilevanti d’Italia. Fra i primi ad esplorare questa“meravigliosa regione sotterranea” (parole di Giambattista Miliani), il 28 luglio 1670, vi fu il nobile fabrianese Tommaso Agostino Benigni. Così si esprimeva, il gentiluomo di Fabriano, in un discorso, tenuto, durante il carnevale del 1671, all’“Accademia dei Disuniti”, di cui egli era, allora, membro illustre, circa i corsi d’acqua che si sarebbero originati dalla Grotta di Monte Cucco:“[…] Dal seno di monte Cucco n’escono sette fiumi [...] così è, signori; sette fiumane escono dal seno di monte Cucco [...] quattro di essi rendono orgoglioso il Sentino e tre fanno terribile il Chiaso [...]. Tale pubblico ragionamento fu, successivamente, riportato, in maniera integrale, su di una pubblicazione, resa edita dal marchese cavalier Costantino Benigni Olivieri, il quale, nel 1922, volle, allora, dedicarla alla Società Escursionisti di Fabriano ed al suo presidente onorario, senatore commendator Giambattista Miliani, in concomitanza con l'inaugurazione della scala d’accesso alla Grotta di Monte Cucco. Forse sulle ali dell’entusiasmo, suscitato dalla lettura dell’originario resoconto manoscritto dell’esplorazione di Tommaso Agostino Benigni, e di tredici altri Fabrianesi, vola ad indagare la Grotta di Monte Cucco, nel XVIII secolo, un altro celebre Fabrianese: Giovanni Battista Casini. Abate, umanista e naturalista di vaglia, nato a Castelletta di Fabriano nel 1761, e dimorante nel monastero silvestrino fabrianese di San Benedetto, Casini fu, probabilmente, l’autentico antesignano dell’esplorazione scientifica alla Grotta di Monte Cucco. Questi, infatti, intinto com’era di cultura illuministica, e, dunque, apertissimo alla scienza, enunciò principi innovatori di geologia, geomorfologia, biospeleologia, paleontologia e climatologia. “Se è difficile e pericolosa la visita di questa famosa caverna ebbe a scrivere il Casini nella sua relazione sulla cavità carsica umbra il piacere che dà la sua magnificenza compensa bene ogni pena”. Tra il giugno del 1883 e l’aprile del 1892, il Fabrianese Giambattista Miliani, brillante industriale cartario, e, poi, senatore del Regno d’Italia, forse sospinto dall’esempio dello studioso perugino di tradizioni popolari, Professor Giuseppe Bellucci, inizia l’epopea esplorativa di quello che va, comunemente, sotto il nome odierno di “Ramo Turistico” della Grotta di Monte Cucco. Miliani era un valente alpinista, iscritto alla sezione di Roma del Club alpino italiano. Fu proprio alle 303 pagine del numero 58, volume XXV, del bollettino del C.A.I., stampato ed apparso tra il 1891 ed il 1892, ed intitolato “La caverna di Monte Cucco”, che il Miliani affidò il resoconto delle sue accuratissime, reiterate, e quasi decennali,  ricognizioni alla cavità. Interessatosi, appassionatamente, alla speleologia, il grande Fabrianese aveva già visitato molte grotte sugli Appennini, il Carso ed i Carpazi, ma mai gli era capitato, sino ad allora, per sua esplicita ammissione, d’incontrarne una così maestosa, vasta, ed interessante, come quella di Monte Cucco. Il Cucco era quel “Monte Grande” (“Monte Cucco overo Monte Grande”, così è citato in un documento fabrianese del 1491), che, sempre, sin da bambino, aveva visto innalzarsi, maestoso, ad occidente, sopra la conca di Fabriano. Il 20 agosto 1922, quando, per rendere agevole l’accesso alla cavità, la S.E.F. (Società Escursionisti Fabriano) mise in opera la famosa scala di ferro, sul bordo esterno dell’ingresso alla Grotta di Monte Cucco esisteva ancora il “ceppo d’acera” (molto probabilmente un Acero di monte [Acer pseudoplatanus]), descritto da Miliani (mentre altri scrive, già nel 1884, “faggio”), che consentì, a molte generazioni di esploratori, la discesa dei trenta metri del pozzo d’ingresso, giustamente denominato Pozzo Miliani. La pianta fu, infatti, già utilizzata, quale ancoraggio, da Miliani stesso, tra il 1883 ed il 1892, e, ancor prima, da Giovanni Battista Casini, e da Tommaso Agostino Benigni, nel 1670; quest’ultimo, chiamava dialettalmente l’albero, ancora giovane, “caspa”, vale a dire ‘cespuglio’, descrivendolo come “non più grande d’un braccio”. Quando si seccò (anni Trenta del XX secolo), l’Acero di monte doveva, dunque, contare attorno ai trecento anni d’età. A Giambattista Miliani, vero e proprio nume dell’esplorazione scientifica alla Grotta di Monte Cucco, gli speleologi del C.A.I. di Perugia vollero consacrare anche l’intitolazione del fiume sotterraneo della gran cavità umbra: il Torrente Miliani. È così che sia l’inizio (pozzo d’ingresso) sia la fine (più noti) della Grotta del Monte Cucco eternano, oggi, il nome di quel pioniere, al cui esempio, ed alla cui grande suggestione, si deve, maggiormente, la ripresa delle indagini speleologiche, in profondità, all’interno della Grotta, nel corso degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso. Queste metodiche e caparbie investigazioni esplorative condussero, tra il 1973, ed il 1975, con la scoperta dell’ingresso alto, denominato Pozzo del Nibbio, al raggiungimento temporaneo del primato italiano di profondità per la Grotta del Cucco. Con gli speleologi di Perugia, circa ottant’anni dopo, Miliani toccava, così, idealmente, la cima ed il fondo della sua adorata “Caverna di Monte Cucco.

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