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Anno XVIII - N. 4 - 27 febbraio 2005 COSTACCIARO |
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La stele funeraria a Gneo DisinioFu rinvenuta, a Costacciaro, nel 1752 Nel luogo in cui presumibilmente passava il tracciato originario della Flaminia d'epoca romana (loc. Il Calcinaro), quale suo corredo urbanistico, sorgono le superstiti strutture murarie di un mausoleo romano, realizzato in pietra calcarea del Monte Cucco, localmente detta "Travertino de la Fossa". Il monumento funerario illustre, benché fatto oggetto di saccheggio attraverso i secoli, conserva ancora molti dei blocchi di pietra squadrata che ne costituivano la struttura portante. Su alcuni di essi furono scolpiti, in bassorilievo, fregi dorici, mètope, triglìfi, e figure rappresentanti bucrani e motivi floreali, in base ai quali sembra plausibile riferirlo alla tarda età repubblicana o alla prima età augustea. Il sepolcro gentilizio fu scoperto solo in seguito ad una frana, forse innescata dal devastante terremoto del 1752, che mise fortuitamente in luce molti dei conci squadrati che lo costituivano, oltreché una stele funeraria romana, oggi conservata nella sezione lapidaria della galleria nazionale delle Marche di Urbino, ricavata, all'interno di un locale, al piano terra del palazzo ducale. Chi volle la costituzione del museo lapidario, vale a dire il cardinale Giovan Francesco Stoppani, fu anche la persona, che, dopo il 1754, fece trasportare la stele funeraria ad Urbino. L'eruditissimo alto prelato, infatti, resse la Legazione d'Urbino fra gli anni 1747 e 1756, incaricandosi fattivamente di raccogliere, in tutto il territorio da lui presieduto, molti ed interessantissimi pezzi archeologici. II titolo epigrafico di questo antico "cippo rotondo" (che, in realtà, è una comune stele funeraria, di cm 95x67, non completamente levigata, e costituita da pietra corniola di colore rosato), ci tramanda, probabilmente, la memoria del nome di uno dei due magistrati (duoviri) che reggevano il municipium di Suillum: « Gneo [o Cneo] Disinio, figlio di Tito, duoviro della tribù clustumina». Tale titolo epigrafico si può altresì leggere al numero 5802 del Corpus inscriptionum latinarum, XI, 2, p. 853 di E. Bormann. La dettagliata descrizione del luogo e delle circostanze del fortuito rinvenimento archeologico « Fuori dalla pianura dalla parte di Sigillo, pochissimo lontano dalla via Flaminia, verso il monte, essendo caduto dalla ripa nel fiume un pezzo di terra» (cfr. G. Sigismondi, Suillates in Plinio e l'origine storica dell'attuale Sigillo, in "La Voce", maggio 1964), ci porta a concludere come il cippo facesse sicuramente parte del mausoleo e che, anzi, custodisse proprio la memoria di colui per il quale l'importante monumento funerario era stato innalzato. Nel 1754, lo storico Girolamo Carli nella scheda 170 del suo "Corpus inscriptionum eugubinarum" (cfr. G. Carli, Iscrizioni antiche di Gubbio e del suo territorio. iscrizioni antiche esistenti nella città e nel contado di Gubbio, da me copiate originalmente in quest'anno 1754; codice C, VII, 13. Biblioteca municipale di Siena), dove è riportato il contenuto di numerose epigrafi rinvenute nel territorio eugubino, fra cui figura anche quella, scheggina, di Caio Mesio (scheda 100a), in merito a questo rinvenimento, scrive: «A Costacciaro, fuori delle mura dalla parte di Sigillo, pochissimo lontano dalla pres. via Flaminia verso il monte, nel 1752, dalla ripa del fiume vol. a. sig. […] con giù molte grosse pietre ben lavorate, in una che dalla parte superiore è ovata; ed ha d'altezza un braccio e mezzo; di larghezza poco più di un braccio vi è la pres. iscrizione di cui le lettere del primo verso sono di mezzo palmo, quelle del secondo un poco minori. fra le altre pietre ve n'è una assai grossa, ove si vedono scolpite una rosa, una testa d'ariete e tra l'una e l'altra varie scannellature pare un architrave, credo che questi siano i residui di qualche tempietto». La stele funeraria a Gneo Disinio (che, come si è appena visto, Girolamo Carli descrisse, correttamente, quale pietra "che dalla parte superiore è ovata; ed ha d'altezza un braccio e mezzo; di larghezza poco più di un braccio [e sulla quale] vi è la pres. iscrizione di cui le lettere del primo verso sono di mezzo palmo, quelle del secondo un poco minori, secondo quanto riportato dallo storico E. Bormann (C.I.L. XI, 2, p. 853), si trovava originariamente «[ ...] in aedibus Ubaldi Tomassoni sacerdotis [...]», cioè nella casa del sacerdote Ubaldo Tomassoni, oggi non più esistente; a Costacciaro, tale forma cognominale era quella originaria dell'attuale famiglia Tommasoni, di cui il sacerdote dovette essere certamente un predecessore. Euro Puletti |
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