Una descrizione della Grotta di Monte Cucco ai primi dell'Ottocento

Nella sua dissertazione sopra “Il clima di Fabriano” (Vincenzo Gori, Camerino, 1802, pp. 16-20), conservata presso la Biblioteca comunale di Fabriano, Giosafat Rossi Castellano parla della Grotta di Frasassi e di quella del Monte Cucco, della prima dice che il pioniere della sua esplorazione fu, forse, nel Settecento, l’eruditissimo padre abbate olivetano tuderte, Don Giorgio Benedettoni, il quale ne scrisse all’interno delle sue “Riflessioni sopra Pierosara, e sopra la Badia di S. Vittore”. In questa, ed in altre grotte umbro-marchigiane, il naturalista Paolo Spadoni di Macerata fece, come Lazzaro Spallanzani, numerosissimi esperimenti sui pipistrelli. Le notizie sulla Grotta di Monte Cucco, il Rossi le apprese, per sua stessa ammissione, dalla viva voce dell’erudito Padre Lettore Don Giambattista Casini, monaco silvestrino di Fabriano.

Trà le sotterranee caverne, e grotte, che trovansi nei contorni di Fabriano merita bene l’incommodo dei naturalisti quella che giace sotto, e precisamente nelle viscere d’un Monte chiamato Monte Cucco, che s’innalza al Nord’Ovest di essa Città alla distanza circa di dieci miglia; della quale io riferirò quanto ha favorito di relazionarmi l’erudito Padre Lettore Don Giambattista Casini Monaco Silvestrino, che intrepidamente la visitò, e che poté riguardarla con occhio filosofico animato da un genio deciso, e paziente per le cose naturali. Non è a mia notizia, che da altri sia stata descritta, onde non sarà discaro il sentirla.

Ha questa caverna, che seppiasi, un solo accesso situato alle falde, al Nord’Est del monte medesimo, forse ad un terzo di miglio al di sotto della sommità, e non vi si può così facilmente, e sicuramente accostarsi per l’ertezza del monte. Cotale accesso consiste in un foro di dodici, o quindici piedi di diametro, che ingrandisce successivamente, e che internasi quasi verticalmente all’orizzonte del monte medesimo per il tratto di più di novanta piedi.  La natura in certo modo vaga di esser contemplata ha fatto nascere un albero ben forte presso si fatto foro, quando il monte da quella parte è tutto nudo, e spogliato, al quale albero unicamente può attaccarsi la corda per discendere nella caverna. Non è piccolo il pericolo di tal discesa, e vi vuol forza, e coraggio non mediocre per superarlo. Sembrami, che questa discesa possa avere una qualche somiglianza alla celebre, e preziosa grotta della miniera d’argento di Salseberit in Svezia, rammentata da quasi tutti i naturalisti; anche in quella l’accesso è così spaventoso, e lugubre da inorridire qualunque più intrepido viaggiatore.

Giunti al piano della caverna vi è una galleria, che poco si estende nel davanti, ed a destra, ma che a sinistra apre un amplo adito ad una seconda galleria della prima molto maggiore, lunga almeno cento piedi, e cinquanta larga, ed altrettanto alta. Ella è tutta incrostata di Stalattiti molto massicce, ma che fanno un aspetto gajo, e piacevole. Questa seconda è terminata in fondo da un arco, che si abbassa alla sommità sotto cui camin facendo per piano inclinato si passa ad una terza molto più grande, e maestosa per ogni verso, la di cui direzione in rapporto alla seconda inclina al ponente. Anco qui sono immense le concrezioni stallattitiche, o calcaree. Questa terza galleria ha siccome si disse misure assai più ample della seconda, ne sarebbe così facile sapere il preciso della sua altezza, che sorprende. Termina anche questa per un arco sotto di cui si passa ad una quarta assai più magnifica, e grande dell’antecedenti tutte. Anche qui la direzione del vacuo verge verso ponente sul primo, ma poi ripiega al mezzo giorno, ma senza essere ristretta in guisa alcuna da altri archi. Ha certo molta somiglianza per queste diverse sale alla grotta di Arcy in Borgogna per quanto ne dice il Bomar.

Non può immaginarsi lo stupore che reca il vedere un vacuo così grande nelle viscere della terra. In alcuni luoghi la luce di più fiaccole, che si portano nelle mani non è sufficiente a rischiarare, e far visibile la volta per la sua grand’altezza di più, e più centinaja, e forsi di qualche migliajo di piedi; particolarmente in certi siti, ove la volta s’erge a guisa di cuppola altissima, e vi è qualche probabilità, che giunga sino alla sommità del monte. Per formarne qualche idea può figurarsi un gran tempio di una lunghezza di circa un miglio, tutto che tal lunghezza non si possa determinare, poiché un subitaneo sprofondamento di venti, o trenta piedi d’altezza, dov’è molto difficile, e pericoloso il discendere per proseguire il melanconico viaggio, arresta il passo al curioso. Quelli che vi sono stati vi hanno lasciato, o inciso, o segnato il proprio nome, e vi è una memoria, sepure non è falsa, del 1517. Da questo punto si vede avanzarsi la caverna per gran tratto, e al fondo di essa si osserva una grande oscurità, che farebbe dubitare d’uno stagno d’acqua, se gettativi dei sassi con forza, non dimostrassero, che la caverna si sprofonda più a basso in profondissimi precipizj. Si può asserire con franchezza esser questa una delle più grandi grotte d’Italia note, ed ha questo di vantaggio, che non si perde, ne si dirama in varj sentieri, come la più parte delle grotte, nelle quali è facile lo smarrirsi. Non si veggono segni d’animali, ne volatili, ne quadrupedi, benché si asserisca, che vi siano molte Cornacchie, che si snidano al colpo d’un fucile. L’aria sembra esser buona alla respirazione, giacché non vi si soffre alcun incomodo. Il Clima siccome nella celebre grotta di Bauman nel Ducato di Brunsvvick non è molto diverso dall’esterna atmosfera, ne vi si sente quel gran fresco nel grande estate, che si sperimenta nei cupi sotterranei. Se è difficile, e pericolosa la visita di questa famosa caverna, il piacere, che dà la sua magnificenza compensa bene ogni pena”.

Euro Puletti