"Una corsa alla Grotta di Montecucco" La caverna del Cucco descritta in un romanzo dei primi del Novecento |
Lo scrittore italiano Emilio V. Banterle, nel suo romanzo intitolato “Adorare” (Foligno, R. Stabilimento F. Campitelli, 1906, cap. XXXII, pp. 102-104), immagina che un tale Umberto, insieme ad altri suoi illustri amici, accompagnato dai duchi di Stein e da una donna per nome Giselda, facesse “una corsa alla Grotta di Montecucco”. “In pochi minuti arrivarono a Sigillo, e nel caffè posto all’angolo della piazza, il duca Giorgio rivide il sindaco, il segretario, il medico e il cavaliere Colini che gli presentò il notaio Bartoletti, ringraziato dai duchi per le accurate notizie accennate nei precedenti capitoli. Umberto e i suoi amici rivolsero a tutti qualche parola gentile, e contraccambiati i complimenti, le automobili ripresero il loro corso fino quasi alle falde di Montecucco, salito a piedi con improba fatica, ricompensata alla vista della caverna maestosamente orrida. I Duchi preveggenti avevano pagato alcuni contadini incaricandoli di portare le munizioni indispensabili allo stomaco. Rifocillati, i nostri forti alpinisti, così li chiameremo, si fecero dai contadini raccomandare a delle corde e calare nella caverna, descritta dalla penna maestra del Miliani. Provvisti di torce di resina, dai contadini fornite, s’internarono in quell’antro che si perde nel suo fitto e lungo buio e nell’oscurità dei secoli. In certi punti quella caverna si presentava a guisa di gallerie di statue decapitate, ma ricche di mirabili panneggiamenti, e ad ogni passo si vedevano grondanti stalattiti e bianche stalagmiti di varie forme, e dai lontani e cupi recessi veniva un rumore d’acqua spaventoso, quasi di cateratta che precipiti da un’altezza vertiginosa. È un orrido stupendo! – diceva Umberto. Ma speriamo di non rivederlo più – soggiunse Giselda, barcollando dalla stanchezza sullo scabro terreno. Tutti s’internarono per circa trecento metri dei seicento e più che la caverna misura; quindi retrocedettero, risalirono, e sebbene un po’ accasciati, discesero allegramente la montagna e ripartirono con infinite grazie dei contadini elargiti di sovrana mercede”. Euro Puletti |