Le tappe salienti dell'esplorazione speleologica alla grotta del monte Cucco Monte Cucco: Una cavità turistica dal XVI secolo |
Secolo XVI Le Grotte del Monte Cucco, un vastissimo sistema sotterraneo, che si estende per oltre 30 km, raggiungendo la profondità massima di 923 m, hanno avuto una storia, fatta di visite ed esplorazioni, assai complessa e di lunghissimo periodo. La data più antica, tracciata da un esploratore all’interno della Grotta del Monte Cucco, risalirebbe al 1517, ma tale assoluto pioniere cinquecentesco ci è rimasto, finora, del tutto ignoto. Fu, invece, con tutta probabilità, il grande umanista e filosofo di Costacciaro Messer Ludovico Carbone, conosciuto a livello internazionale, che, nel 1551, cioè all’età di circa diciannove anni, tracciò, col nerofumo della sua torcia, la prima firma datata leggibile, “Ludovico 1551”, all’interno della Grotta di Monte Cucco. Nello stesso anno, dovette prendere forse parte attiva alla medesima, pionieristica esplorazione, un altro illustre costacciarolo: il letterato francescano Padre Bernardino Boldrini. Sulle pareti di tale grotta anch’egli parrebbe, infatti, aver tracciato, col nerofumo della sua torcia, uno dei primi autografi leggibili: “Bera”, probabile diminutivo di “Berardino”, altro nome con il quale egli, seppure più raramente, veniva chiamato. A Ludovico Carbone e Bernardino Boldrini dovette succedere, di lì a pochi anni, nell’esplorazione della Caverna di Monte Cucco, uno fra i più famosi uomini d’arme cui Costacciaro abbia dato i natali nel corso dei secoli: Messer Ghigi Adramando (o Adromando), il quale, nel Cinquecento, “fu valente capitano di ventura nell’esercito dell’Imperatore Carlo V nelle Fiandre”. All’interno della Grotta, infatti, egli si firmò come “Adromando 1555”.
Secolo XVII “Mutio Flore a dì 11 agosto 1604”: così si firma, col nerofumo della fiaccola, un non meglio precisato esploratore della Grotta di Monte Cucco. La prima notizia certa e documentata, relativa ad un’esplorazione secentesca nella Grotta di Costacciaro, è, tuttavia, quella del 28 luglio 1670, quando quattordici fabrianesi effettuarono un’escursione, da essi definita “gita”, nella Grotta del Cucco (quindi discesero e risalirono, “a polso”, cioè con la sola forza delle braccia, il pozzo d’accesso con l’unico, precario, ed oscillante, sostegno delle grosse funi di canapa dell’epoca). Fra di loro c’era anche il Marchese Dottor Tommaso Agostino Benigni, il quale, l’anno successivo, in occasione del carnevale, tenne un discorso, all’Accademia dei Disuniti, proprio su questa sensazionale escursione sotterranea. Così si esprimeva, pubblicamente, il gentiluomo di Fabriano, circa i corsi d’acqua che si sarebbero originati dalla Grotta di Monte Cucco: “[…] Dal seno di monte Cucco n’escono sette fiumi [...] così è, signori; sette fiumane escono dal seno di monte Cucco [...] quattro di essi rendono orgoglioso il Sentino e tre fanno terribile il Chiaso [...]”. Tale pubblico ragionamento fu, successivamente, riportato, in maniera integrale, su di una pubblicazione, resa edita dal Marchese Cavalier Costantino Benigni Olivieri, il quale, nel 1922, volle dedicarla alla Società Escursionisti di Fabriano (SEF) ed al suo presidente onorario, Senatore Commendator Giambattista Miliani, in concomitanza con l’inaugurazione della “mitica” scala d’accesso in ferro alla Grotta di Monte Cucco, inaugurazione avvenuta proprio in quell’anno.
Secolo XVIII Nel 1720, tocca, invece, al nobile eugubino Conte Girolamo Gabrielli cimentarsi nell’indagine della Grotta. Egli ci lascerà una dettagliatissima relazione scritta, di qualche decennio successiva (1745), su questa sua discesa, probabilmente spintasi fino all’attuale Sala Margherita, e mai più ripetutasi. Un altro fondamentale esploratore settecentesco della Grotta di Monte Cucco fu il fabrianese Giovanni Battista Casini. Abate, umanista e naturalista d’eccezione, nato a Castelletta di Fabriano nel 1761, e dimorante nel monastero silvestrino urbano di San Benedetto in Fabriano, Casini fu, probabilmente, il vero e proprio precursore, verso la fine del XVIII secolo, dell’esplorazione scientifica alla Grotta di Monte Cucco. Questi, infatti, intinto com’era di cultura illuministica, dunque apertissimo alle novità della scienza moderna, enunciò, nella sua relazione di visita, principi innovatori di geologia, geomorfologia, biospeleologia, paleontologia e climatologia.
Secolo XIX Molti si calano a visitare la Grotta del Cucco nell’Ottocento. Fra di essi, vanno sicuramente ricordati il grande etnologo perugino Professor Giuseppe Bellucci, l’illustre storico di Gualdo Tadino Professor Ruggero Guerrieri e, soprattutto, il viaggiatore, storico e poligrafo tedesco Ferdinand Gregorovius, il quale rimarrà letteralmente estasiato dalle bellezze sotterranee del Cucco, tanto da affermare di non aver mai veduto nulla di simile in nessun altro luogo sotterraneo anteriormente visitato. Una comitiva di alpinisti provenienti da Perugia, da Gubbio e da Costacciaro ascese al Monte Cucco nel mattino del 19 agosto1883, per visitare la caverna aperta nel fianco orientale del monte, caverna popolarmente designata col nome di "Buca di Monte Cucco". Questa comitiva si componeva, fra gli altri, dei signori Luigi Chemi sindaco di Costacciaro, Giuseppe Giuliarelli assessore, Chiodini A., Costanzi D., Guanciali L., Scardori E. segretario comunale, Malinconico dott. L. medico condotto, Donati L. di Roma, Miliani V. di Sigillo, residenti in Costacciaro, Marinelli prof. Z.,Baldoni R., Scasselati A., Ruspetti G., Corsi A., provenienti da Gubbio, Bellucci prof. Giuseppe, Purgotti A., provenienti da Perugia. Tali alpinisti di Perugia e di Gubbio serbarono sempre un gratissimo ricordo delle cortesi accoglienze manifestate loro in Costacciaro e della premura dimostrata perché l'ascensione del monte e la visita alla caverna riuscissero di loro piena soddisfazione; dal lieto ricordo non può andar disgiunta la gratitudine per tutte quelle persone gentili, e, in particolar modo, per il sindaco sig. Chemi e per l'assessore sig. Giuliarelli. Fra gli altri abitanti della nostra fascia appenninica, che si provarono nell'esplorazione della grotta, va anche menzionato il proprietario terriero Signor Serafini di Scheggia, che dovette anche lasciare una memoria manoscritta della sua visita, andata, però, a quanto sembra, purtroppo perduta. Nonostante la “concorrenza” di queste grandi, e rinomate, personalità, sarà solamente Giambattista Miliani, grande esploratore, alpinista, e speleologo di Fabriano, brillante ed innovatore industriale cartario, nonché Senatore del Regno d’Italia, che, specie tra gli anni 1889-1890, porterà avanti la prima vera esplorazione scientifica della Grotta di Monte Cucco, della Voragine Boccanera e dell’Inghiottitoio Fossile del Boschetto. Tra il giugno del 1883 e l’aprile del 1892, il Fabrianese Giambattista Miliani, infatti, forse sospinto dall’esempio del citato studioso perugino di tradizioni popolari, Professor Giuseppe Bellucci, inizia, così, l’epopea esplorativa di quello che va, comunemente, sotto il nome odierno di “Ramo Turistico” della Grotta di Monte Cucco. Miliani era un valente alpinista, iscritto alla sezione di Roma del Club Alpino Italiano. Fu proprio alle 303 pagine del numero 58, volume XXV, del bollettino del CAI, stampato ed apparso tra il 1891 ed il 1892, ed intitolato “La caverna di Monte Cucco”, che il Miliani affidò il resoconto delle sue accuratissime, reiterate, e quasi decennali, ricognizioni alla cavità. Miliani sarà, altresì, il primo ad elaborare, e stilare, una precisa cartografia della grande cavità umbra, ed a condurre il primo illustre scienziato, il paleontologo bolognese, e, poi, senatore del Regno d’Italia, Professor Giovanni Capellini e la prima donna, Margherita Mengarini, nella grande sala che perpetuerà, fino al dì d’oggi, il nome di quest’ultima: “Sala Margherita”.
Secolo XX Dopo tali “avanguardie storiche”, occorrerà, tuttavia, attendere molti decenni, perché qualcuno ritorni ad esplorare, con coraggio, metodo e sistematicità, le tante “regioni sotterranee” del Cucco. Il 20 agosto 1922 la Società Escursionisti di Fabriano (SEF), presidente onorario Giambattista Miliani, mise in opera, lungo i trenta metri dell’inclinato pozzo d’accesso alla Grotta di Monte Cucco, la scala di ferro che, per oltre settanta anni, è stata uno dei fattori determinanti dello sviluppo della speleologia nell’Appennino umbro-marchigiano. La sua presenza si è rivelata, difatti, determinante nel creare interessi e passioni per gli studi carsici ed ha molto facilitato le grandi esplorazioni degli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta ed Ottanta dello scorso secolo. Giambattista Miliani, che tanto contribuì ad iniziare le ricerche sul mondo sotterraneo del Monte Cucco, fu uno dei principali fautori dell’impresa, anche mettendo a disposizione la sua azienda cartaria per acquistare e predisporre il materiale necessario. In occasione dell’evento, venne, inoltre, organizzato, sempre dalla SEF, un convegno di escursionisti, inaugurato, ed aperto, da un discorso dello stesso Miliani, e che vide la partecipazione di oltre 500 appassionati di montagna e grotte. Durante il convegno, fu distribuita una pubblicazione, voluta dal marchese Cavalier Costantino Benigni Olivieri, che riporta, ed integralmente, la descrizione della citata “gita” alla Caverna di Monte Cucco, compiuta il 28 luglio del 1670. Prima della messa in opera della famosa scala di ferro, sul bordo esterno dell’ingresso alla Grotta di Monte Cucco esisteva ancora il “ceppo d’acera” (molto probabilmente un Acero di monte [Acer pseudoplatanus]), descritto da Miliani (mentre altri scrive, già nel 1884, “faggio”), che consentì, a molte generazioni di esploratori, la discesa dei trenta metri del pozzo d’ingresso, giustamente denominato, ben più tardi, “Pozzo Miliani”. La pianta fu, infatti, già utilizzata, quale ancoraggio naturale, da Miliani stesso, tra il 1883 ed il 1892, e, ancor prima, da Giovanni Battista Casini, a fine Settecento, e da Tommaso Agostino Benigni, nel 1670; quest’ultimo, chiamava dialettalmente l’albero, ancora giovane, “caspa”, vale a dire ‘cespuglio’, descrivendolo come “non più grande d’un braccio”. Quando si seccò (anni Trenta del XX secolo), l’Acero di monte doveva, dunque, contare attorno ai trecento anni d’età. La nuova scala facilitò moltissimo, come detto, le discese in grotta nel XX secolo. Fra le molte visite esplorative novecentesche della Grotta di Monte Cucco merita, certo, di essere ricordata anche quella compiuta da Efrem Bartoletti il 20 agosto 1922, in concomitanza all’inaugurazione della nuova scala di ferro. Insigne politico, sindacalista e scrittore costacciarolo, emigrato, per fare il “minatore del ferro”, negli Stati Uniti d’America, Bartoletti, con l’abile sua penna, stese, intorno alla Grotta costacciarola, una relazione di visita, scientifica e poetica insieme, in 24 pagine, dal titolo “Un’escursione alla caverna di Monte Cucco”. Il resoconto dell’esplorazione, contiene, nella prefazione, datata agosto 1924, significativi ragguagli sulla storia degli Uomini Originari di Costacciaro, ed è testualmente dedicato “All’on. G. Battista Miliani, continuatore felice dell’arte Cartaria degli avi, alpinista indefesso e studioso di monti e caverne”. Oltre ad Efrem Bartoletti, ebbe a visitare, nello stesso anno (e, probabilmente, nella medesima occasione) la Grotta un nutrito “manipolo” di Costacciaroli, Scircanti e Sigillani, forse in numero di dieci, o quindici, fra i quali vanno, con sicurezza, annoverati i fratelli Guerriero e Giuseppe Simonetti, Luigi Simonetti, Rapisardi, e, forse, Gedeone e Siro Secondo Antinucci, proprietari, questi due ultimi, del Maglio Vecchio di Villa Scirca. Essi, ritornati una seconda volta nella cavità, per solennizzare l’avvenuta loro prima esplorazione, fecero incidere, nell’opificio scircante detto “Ramiera”, ovverosia all’interno dello stesso Maglio Vecchio di Villa Scirca, i propri nomi su di una piccola lastra di rame. Questa sorta di “stele” “si giace”, tuttora, “negletta e abbandonata”, in un riposto “infratto” della grande “Buga de Monte Cucco”. Nel dopoguerra, e precisamente nell’anno 1955, presumibilmente chiamati dall’allora giovanissimo sindaco di Costacciaro, Fedele Galli, pare venissero al Cucco alcuni speleologi del CAI di Bologna e compirono una sommaria esplorazione di alcuni piccoli camminamenti sotterranei di poco conto. Nel successivo anno 1956, furono, invece, i perugini Lemmi, Passeri, Cesareo, Mazza, ed altri, a discendere, per la prima volta, nella Grotta e a ripercorrere tutto quello che aveva precedentemente esplorato e rilevato Miliani. La vera esplorazione del GS CAI Perugia, tuttavia, iniziò nel corso del successivo anno 1957, quando, insieme a Leonsevero Passeri, Francesco Salvatori allestì un campo di cinque giorni sulla vetta del Cucco ed esplorò nuovi condotti (“Galleria Perugia”) e, soprattutto, scoprì il “Laghetto Terni” ed il pozzo omonimo. Francesco Salvatori, Guido Lemmi, Leonsevero Passeri, Giancarlo Viviani, Franco Giampaoli, ed altri, condussero, così, una serie di sistematiche esplorazioni e ricerche che porteranno, in maniera graduale, alla scoperta, ed allo studio, dell’intiero grande, e complesso, sistema sotterraneo del Cucco, esplorazioni e ricerche parzialmente terminate soltanto nel 1978, con la cosiddetta “Operazione Scirca”. Oltre alla Grotta, gli elementi di punta del Gruppo Speleologico CAI Perugia percorreranno, esplorativamente, in quegli stessi anni, e fra i primi, in assoluto, d’Italia, anche la precipite e suggestiva Forra di Rio Freddo. Mercoledì 2 aprile 1969 (anno fatidico in cui l’uomo pose il piede sulla luna), alle ore 17, Stefano Arzilli, Franco Giampaoli, e Gianni Melis, membri del gruppo speleologico CAI di Perugia, dopo due anni di risoluti tentativi, toccano, finalmente, il fondo della Grotta di Monte Cucco. Una parete fangosa del livello di base della cavità, delimitante un chiaro specchio d’acqua cristallina, viene incisa con i loro nomi di scopritori. La Grotta del Cucco diventa, poi, record mondiale di profondità il 23 luglio del 1974, quando il Professor Francesco Salvatori, e sua moglie Cleofe Leoni, “stappano” l’ingresso più alto della Grotta, successivamente denominato “Pozzo del Nibbio”. Al nome di Giambattista Miliani, vero e proprio nume dell’esplorazione scientifica alla Grotta di Monte Cucco, gli speleologi del CAI di Perugia vollero consacrare anche l’intitolazione del fiume sotterraneo della gran cavità umbra: il “Torrente Miliani”, che, una volta venuto a luce, dà origine alla copiosa, ed arcinota, risorgente carsica di Scirca. È così che sia l’inizio (pozzo d’ingresso) sia la fine (più noti) della Grotta del Monte Cucco eternano, oggi, nel nome, quel pioniere, al cui esempio, ed alla cui grande suggestione, si deve, maggiormente, la ripresa delle indagini speleologiche, in profondità, all’interno della Grotta, nel corso degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso. Con gli speleologi di Perugia, circa ottant’anni dopo, Miliani toccava, così, idealmente, la cima ed il fondo della sua adorata “Caverna di Monte Cucco”. Gli anni Ottanta del passato secolo portano piuttosto bene alla speleologia sul Cucco. In quel decennio, infatti, vengono scoperte, in successione, la “Buca delle Bestie” o “di Faggeto Tondo”, l’“Abisso Puro” o “del Boschetto” e si trovano estese prosecuzioni alla “Buca degli Eugubini” o “della Valcella”. Gli anni Novanta del XX secolo passano, invece, senza grandi e sostanziali scoperte, tranne, forse, su un altro contiguo rilievo del massiccio, il Monte Le Gronde, quella della “Buca dell’Acqua Pàssera” da parte del Gruppo Speleologico di Gualdo Tadino. Da allora ad oggi sono gli speleologi facenti riferimento al Centro Nazionale di Speleologia di Costacciaro, ed oggi Centro Escursionistico Naturalistico Speleologico (Francesco Salvatori, Emilio Cairoli, Euro Puletti, Andrea Novelli), allo Speleo Club Gubbio (Marco Menichetti, Stefano Tosti e Andrea Pierini) ed al Gruppo Speleologico Valtiberino (Luca Poderini, Pietro Izzo, Sergio Consigli) a continuare, “in profondità”, le ricerche e le esplorazioni. A loro va il grande merito della scoperta e dell’esplorazione di tutte le cavità cosiddette “minori” attualmente conosciute, nonché dello studio dei meccanismi speleogenetici e dell’idrologia sotterranea.
Secolo XXI E la storia continua… sempre con rinnovate ricerche e sorprendenti scoperte, una delle quali, interessantissima, è di questi ultimi mesi. Euro Puletti
|