CHILLO

 

Dolce e ridente, in un mattin di maggio,

rivedo ancora il tuo volto di saggio

e, insieme con la luce che si spande,

ecco apparire l’anima tua grande.

 

Mi fai sedere al tavolo ospitale,

dove ogni cosa appare tale e quale,

tale e quale la lasciasti allora

che un male oscuro ti strinse la gola.

 

Ma quella voce, che ascoltai bambino,

mi parla ancora, mentre tu versi il vino.

E ritorniamo a dir della Natura

e dei segreti d’ogni sua creatura.

 

Di nuovo io l’allievo col Maestro

che mi fa uscir dal mio cammin maldestro,

che mi parla di esseri e di cose,

di frutti, fiori, di canine rose.

 

Dell’uomo, i suoi tormenti e la sua gioia...

... donne antiche che portan la corójja...

... d’ore liete trascorse nel tuo maggio,

sotto l’ombra d’un albero selvaggio.

 

E ci piace riandar con la memoria

a vite senza voce nella storia.

Dei tuoi luoghi d’infanzia apprendo i nomi,

degli alberi i segreti e dei lor pomi.

 

Mi culla il suon della tua voce vera

e non mi accorgo che si è fatta sera.

Triste dal ramo quel solitario chiù

par che mi dica: “Non lo vedrai mai più”.

 

Ci salutiam sul ciglio della porta

e il tuo sorriso al mio cammino è scorta,

da casa mi saluti con la mano,

finché ti vedo scomparir, lontano.

 

Addio, grande amico della vita,

te ne sei andato, ma non è finita:

spero ti accolga nuova primavera

in quel paese in cui non si fa sera.

 

Ti voglio ancora ricordar com’eri

quando ci siamo salutati ieri.

Eri la terra a lavorar provetto,

abile falegname, anzi perfetto.

 

E del tuo nome resterà, lo credo,

eterna la memoria, o caro Alfredo,

perché mai sulla terra nulla muore

di una vita vissuta con il cuore.

 

E voglio ancora richiamarti come...

... tutti lo conoscevano il tuo nome.

Un nome sol risuona come squillo,

quel nome tanto amato è solo... Chillo.