
Costacciaro
un
cover-up sulle vestigia templari?
Da alcuni anni una chiesa situata nel
comune di Costacciaro, in Umbria, è sotto i riflettori degli storici
medievalisti e di tutti gli studiosi delle vicende inerenti all'Ordine
del Tempio. Grazie al suo impegno personale, un parroco scopertosi
archeologo espone le prove e la propria interpretazione dei molteplici
ritrovamenti di matrice templare all'interno dell'edificio.
di Silvia Agabiti Rosei
L’Umbria ospita quella che possiamo
ritenere la più imponente e significativa chiesa templare del nostro
Paese,
San Bevignate vicino Perugia. Nella regione altrettanto noti per
gli esperti e gli appassionati della storia dell'Ordine sono l'Abbazia
di San Giustino d'Arna e il Castello di Magione, presso il lago
Trasimeno, oggi proprietà dei Cavalieri di Malta. Poco conosciuta, ma
forse destinata a divenire un'altra tappa fondamentale dell'itinerario
templare nel cuore verde d'Italia, è la chiesa di San Francesco a
Costacciaro, un piccolo comune nelle vicinanze di Gubbio e del Monte
Cucco, costruita a partire dal 1258, in cui negli ultimi anni sono state
effettuate delle affascinanti scoperte grazie all'operosità e alla
pazienza di don Nando Dormi, parroco di Costacciaro dal 1998. In seguito
al terremoto del 26 Settembre 1997 la chiesa conventuale francescana fu
sottoposta a lavori di riparazione, durante i quali il sacerdote, membro
dei Cavalieri del Santo Sepolcro, restauratore e ricercatore con
attitudini da archeologo, ebbe un ruolo di primo piano, occupandosene
personalmente e portando alla luce i misteri nascosti di chiara matrice
templare che l'edificio custodisce. Nonostante tali evidenze e il
giudizio positivo di un'esperta di Cavalieri Templari come Bianca Capone
(A Costacciaro la Presenza dei Templari, Giovedì 6 Gennaio
2005, articolo scritto sul Corriere dell'Umbria da Euro Puletti), tra
molti studiosi si vuole ancora andare cauti sull'attribuzione della
chiesa all'Ordine. È don Nando Dormi, che abbiamo intervistato, a
dissipare tali dubbi e a fare ulteriore luce sulle scoperte da lui
effettuate: «La chiesa venne dedicata a San Francesco nel 1315, a un
anno dalla morte del Gran Maestro Jacques de Molay e dopo cinque anni
dallo scioglimento dell'Ordine presente nella zona da parte del vescovo
di Gubbio. Costacciaro non risulta nel libro delle decime della curia, i
cabrei dei cavalieri di Malta nominano molti comuni limitrofi ma non
questo, e sappiamo che all'epoca le decime erano destinate a finanziare
le Crociate, ossia i Templari stessi che pertanto, data l'omissione, si
trovavano con
tutta probabilità qui». Prima del 1315 la chiesa era
dedicata ai santi Pietro e Tommaso, quindi vi si insediarono i frati
francescani che, secondo lo studioso, egli stesso un tempo frate, non
erano estranei al modello templare: «La regola templare e quella
francescana sono affini, andrebbero messe in sinossi, entrambe si basano
sulla povertà e sull'obbedienza, infatti le pur decantate ricchezze
dell'Ordine del Tempio non erano destinate al singolo, bensì alla
confraternita, tanto che essi potevano fare donazioni solo col permesso
del superiore. A differenza della coeva regola benedettina comprendente
monaci e monache, in entrambe quelle suddette c'è la suddivisione in tre
ordini: per i
Templari essi sono cavalieri, donne e sacerdoti, per i
Francescani si antepongono i sacerdoti, quindi le donne, infine i
cavalieri. Del resto San Francesco stesso (1182 ca.1226) visse in piena
epoca templare, tanto da partire per le Crociate al seguito di Gualtiero
di Brienne, fratello del re di Gerusalemme, e combattere per il papa. Si
tramanda il racconto di un sogno che il santo avrebbe fatto a proposito
di una sala piena di armi e scudi, a testimonianza della sua
inclinazione cavalleresca, in un'epoca in cui l'acme della cavalleria
era proprio l'Ordine del Tempio che, come è documentato, era presente
anche ad Assisi».
La Chiesa
Tornando all'edificio in esame, esso ha
subito alcune modifiche nel corso dei secoli, sicuramente nel 1709 (la
volta della chiesa mostra infatti un mattone che riporta tale data) e
nel 1779, allorché un incendio distrusse l'archivio dei frati,
risparmiando
un libro probabilmente inerente agli aspetti gestionali,
ora scomparso. «La Chiesa ‑ continua don Nando Dormi, che in
questi anni ha esaminato molte pergamene riguardanti Costacciaro ‑
non ha rivalutato l'Ordine, sciolto con decreto amministrativo,
in quanto ritenuto ormai terminato il suo compito di protezione dei
pellegrini e dei territori conquistati in Terra Santa. Pertanto, a
differenza di ciò che è scritto in alcuni testi, non si è trattato di
scomunica, nonostante questa fosse auspicata da Filippo il Bello, eppure
i cavalieri del Tempio di Gerusalemme vennero inquisiti e processati,
screditati con accuse poi risultate false. Uno dei maggiori inquirenti
del processo templare a Gubbio era proprio di Costacciaro, tale Hubaldus,
monaco avellanita della famiglia Guelfoni, forse in attrito con i
Cavalieri lì presenti per questioni economiche». Osservando la
facciata, la chiesa francescana appare imponente, con portale e rosone
mirabilmente elaborati, a riprova della ricchezza di chi la gestiva
all'epoca della sua costruzione. E' curioso notare all'angolo di un
palazzo
nella parte opposta della strada un volto di pietra. («iL
Bafomet o forse il volto della Veronica?», si chiede il
sacerdote) il cui sguardo è rivolto proprio al portone, ai lati del
quale sono presenti due zampe di leone raffigurate nell'atto di ghermire
un cane, protetto da una mano: una simbologia che richiama quella di San Bevignate. Alcuni documenti attestano che sul rosone fossero
inizialmente presenti Giovanni Battista e l'Agnus Dei, altri elementi
tipici dell'iconografia templare. All'interno dell'edificio il
ricercatore ci mostra gli affreschi scoperti di fronte ai quali è
impossibile non restare affascinati, pregni come sono dei simboli che
siamo abituati ad attribuire all'Ordine del Tempio di Gerusalemme.
Sembra quasi assurdo che qualcuno nutra dei dubbi in proposito.
Superato l'ingresso si offrono agli occhi del visitatore le prime
evidenze: sul lato destro della chiesa, tra i caldi toni del rosso e
dell'arancione di un Cristo crocifisso, una prima croce patente e più in
basso un guerriero, di cui si riconoscono l'elmo e la
calzamaglia. Sulla parete di sinistra è presente un'altra croce di
tipologia templare, di colore rosso, con i bracci terminanti a mo' di clarine, simili a simboli solari. Poco oltre il portale due colonne ai
lati della chiesa presentano, poste una di fronte all'altra, due lapidi
su cui sono raffigurati una croce patente inscritta nel cerchio, un
fiore della vita (rosetta per gli storici dell'arte e simbolo classico
dell'iconografia del Tempio), un fiordaliso che, come ricorda don Nando
Dormi, fa parte del sigillo dei monaci Cistercensi, infine delle scritte
gotiche contratte su cui il sacerdote e gli altri studiosi stanno ancora
elaborando ipotesi interpretative. «Quando le vidi per la prima volta
‑ prosegue il sacerdote ‑ le scritte erano in parte
coperte da intonaco, pertanto mi dedicai pazientemente a pulirle. In
origine la chiesa era costituita dalla navata centrale e da parte di
quella di sinistra, arrivando fino alla porta laterale qui presente. Lo
si deduce dal fatto che, accedendo all'esterno, la parete oggi scialbata
presenta pietre identiche a quelle della facciata». Ed è proprio la
navata sinistra, in fondo, a presentare notevoli affreschi svelati in
questi anni e in precedenza volutamente occultati. Sono visibili un
cavaliere con l'usbergo, una dama e un monaco, quest'ultimo raffigurato
nell'affresco due volte, con aureola e con indosso una pazienza nera,
identificato da molti con Sant'Antonio. Lo studioso spiega: «Ammesso
e non concesso che si tratti di Sant'Antonio, la domanda che ci poniamo
è se la veste di colore bianco e nero sia da attribuire ai Cistercensi o
ai Celestiniani. Sappiamo che Celestino V, a Mantova e al santuario di
Collemaggio all'Aquila, dove è sepolto, viene rappresentato con gli
stessi abiti. Inoltre l'edificio di Costacciaro era inizialmente
dedicato a San Pietro e a San Tommaso e proprio i Celestiniani erano
soliti effettuare la dedica a San Pietro, mentre i Cistercensi
intitolavano le loro chiese alla Madonna». Nell'affresco il monaco
esce dal sepolcro, immagine che troviamo anche a San Bevignate, e
secondo la Leggenda Aurea l'abate Sant' Antonio era solito
dormire proprio in una tomba. Oltre alle figure suddette sono visibili
dei demoni e una testa barbuta. Proseguendo con lo sguardo sulla destra,
un altro affresco, adiacente al primo, presenta alcune croci inscritte
in cerchi, delimitate da cinque punti rossi, richiamo alle piaghe
di Cristo, una sorta di ruota quindi, a simboleggiare la ciclicità della
vita. Ancora una volta lo stesso elemento si ritrova a
San Bevignate.
Un'altra prova determinante della presenza dei Templari a Costacciaro è
visibile sulla parete destra, dove una pietra incastonata in un antico
pilastro reca incisa una croce patente sempre inscritta all'interno di
un cerchio. Dalla sacrestia, dove giacciono in una pregevolissima urna
del XVII secolo le spoglie del Beato Tommaso, patrono del Comune umbro,
si accede al campanile dalla splendida volta a costoloni e sulle cui
pareti si scorgono tracce di altri affreschi. Don Nando Dormi commenta:
«Solo uno sconsiderato farebbe degli affreschi sotto al campanile,
quindi è probabile che originariamente fosse qui posta un'altra
struttura, forse aperta, data la presenza di pietre squadrate adiacenti
ad altre di diversa tipologia, come a chiudere il luogo. Quali storie
misteriose raccontavano gli affreschi che poi furono ricoperti?».
Restando all'interno della sacrestia, un altro pezzo forte dei
ritrovamenti effettuati dal sacerdote ci lascia senza fiato per la
particolare bellezza: un'acquasantiera murata per uno spessore di 75
centimetri, su cui sono raffigurati al centro del bordo una croce
patente e lateralmente due fiori della vita rossi, rispettivamente
richiami, come suggerisce il ricercatore, a Maria, Cristo e Giovanni,
altro esempio di simbologia templare. Se fosse rimasta intatta sarebbe
stata mirabile anche una fontana, scoperta dal parroco rompendo una
parete, purtroppo danneggiata e murata probabilmente dai frati negli
anni Cinquanta. Una perdita compensata da un grande ritrovamento,
effettuato ancora una volta in seguito a lavori di manutenzione
all'interno dell'edificio. Si tratta di un antico chiostro
aperto, con pareti dalle pietre ancora perfettamente conservate; su cui
tracce di pigmento nero e rosso rivelano la presenza di vecchi
affreschi, in seguito volutamente nascosti. Ben più evidenti sono delle
frecce, con la punta rivolta a destra e a sinistra, che decorano gli
archi di una finestra e dell'accesso all'ultima stanza, dove si possono
ammirare una rosetta a otto bracci e i segni in rosso e in nero di una
possibile sinopia. Nella stessa stanza si può ipotizzare la presenza del
pavimento originale e di quello settecentesco sottostanti strati di
terra di riporto, nonché una nicchia e una finestra sulla parete che
oggi si affaccia a una scala.
Una carta murata
È un luogo, la chiesa di San Francesco,
ricco di storia volutamente occultata e di continui spunti per gli
studiosi di archeologia e di Templari in particolare, un luogo che ha
regalato al sacerdote e studioso l'emozione della scoperta di un passato
lontano, di cui ancora portiamo i segni nella nostra cultura. È un
incontro con i misteri: quelli svelati, come gli affreschi e il
chiostro; quelli su cui si stanno elaborando ipotesi, come le scritte
gotiche o una curiosa antica carta da gioco, ritrovata sempre da don
Nando Dormi, murata con la calce viva. Forse misteri di cui ancora si
ignora l'esistenza. Infatti negli ultimi mesi sull'intonaco della
sacrestia stanno emergendo tracce di strane forme lanceolate, mentre
sull'asfalto adiacente alla chiesa sono evidenti fenomeni di subsidenza
del terreno, fino a formare dei tracciati curvilinei: è probabile si
tratti del lavoro fisico degli elementi naturali, ma non si esclude la
possibilità di ulteriori segreti da svelare. Quel che è certo è che
Costacciaro ha molto materiale di valore per scrivere un altro capitolo
delle vicende dell'Ordine del Tempio, in merito alla sua appartenenza a
una zona in cui i Templari operarono a lungo, come è documentato. Del
resto l'ultimo gran precettore dell'Ordine in Italia si chiamava Fra'
Jacopo da Monte Cucco, che si vuole piemontese. E se invece fosse stato
proprio umbro? |