L’Università degli Uomini Originari di Costacciaro

     L’Università degli Uomini Originari di Costacciaro estende la sua ormai plurisecolare influenza (quantificabile in almeno 714 anni d’età) sopra 1.642,80 ha., la più parte dei quali ascrivibili ad aree di bosco ceduo e d’alto fusto (920 ha. ca. su un totale di complessivi 1146 ha. di superficie boscata comunale), di pascolo e cespugliato. L’università agraria di Costacciaro è oggi costituita da 42 ceppi di famiglie condòmini, mentre, in passato, i nuclei familiari facenti parte di questa comunanza erano in numero di 100. Secondo l’articolo 99 del capitolo 14°, del Piccolo statuto riguardante l’amministrazione de’ beni che spettano all’Università degli Uomini di Costacciaro, approvato il 20 giugno 1841, ma entrato in vigore solo dopo la stipula, avvenuta ad Urbino il 9 ottobre 1852[1] (e firmata dal priore Carlo Bartoletti e dai consiglieri ed amministratori L. Bartoletti e F. Pallucconi), potevano entrare a far parte dell’università tutte le famiglie che dimostrassero di avere «uno stabile domicilio più che centenario» nel comune di Costacciaro e che pagassero la regolare quota sociale d’adesione. La sede storica dell’“ente dei condòmini” di Costacciaro fu, per secoli, il glorioso palazzo medioevale dell’università, quello per intenderci, che sta di rimpetto al palazzo del municipio (ex convento francescano). Dei tre poderi che l’università possedeva un tempo, oggi non ne resta alcuno. Se il Monte Cucco e parte del suo massiccio (Parco Naturale Regionale dal marzo 1995) si sono salvati dalla distruzione dell’ambiente, perpetrata invece in altri luoghi, nemmeno troppo lontani, lo si deve, almeno in parte, al magnifico rapporto instauratosi, attraverso i secoli, tra l’uomo e la montagna. Quando, infatti, attorno alla metà del secolo XIII, la totalità degli uomini di Costacciaro si coalizzò, stringendosi in un patto sociale detto Università degli Uomini Originari, nacque anche l’esigenza di stabilire un rapporto giusto ed equilibrato tra uso e conservazione della risorsa ambiente. Fu proprio la comunitarietà dintenti e la socialità pratica, che derivarono da questo sodalizio, a far assumere ai “comunisti” di Costacciaro il titolo di università, cioè ‘universalità degli uomini risiedenti da almeno un secolo entro le mura del castello’. Oggi non si fa più alcuna distinzione tra i termini comunanza (agraria) ed università, che paiono semanticamente equivalenti. Nel Medioevo, invece, il termine comunantia (derivato da comunare, ‘accomunare’) indicava ‘la classe dominante al potere’, mentre quello di universitas designava ‘tutto il resto del popolo’. Quest’elemento indica, fra gli altri, l’origine essenzialmente popolare dell’Università degli Uomini Originari di Costacciaro. Con un immane sforzo collettivo, liberandosi dal giogo di signorotti e feudatari esòsi, furono, in progresso di tempo, acquistati (come risulta da una pergamena di proprietà dell’università, risalente all’anno 1339) tre monti: il Monte Cucco, il Monte Por(r)ìno (oggi Le Gronde) e Pantanella. L’acquisizione dei beni fondiari del Monte Cucco da parte degli uomini di Costacciaro non fu, tuttavia, mai cosa semplice né, tantomeno, pacifica. Gli originari costacciaroli dovettero, infatti, spesso lottare duramente per ottenere il diritto di poter lavorare alcuni territori montani, allora di giurisdizione del monastero benedettino dell’Isola dei Figli di Manfredo. «il 1° luglio dell’anno 1287, il monaco Bartolo, sindaco, procuratore e negoziatore («negotiorum gestor») per conto di Sant’Albertino, priore di Fonte Avellana e per Rainerio priore del monastero di Sant’Andrea di Isola dei Figli di Manfredo della diocesi di Gubbio, ente sacro, direttamente soggetto all’eremo avellanita, di fronte ai nobili e scelti uomini Paolo di Perugia, priore delle arti e del popolo della città di Gubbio e ventitré deputati per gli affari del sovraddetto popolo, dichiara che “gli uomini del Castrum Collis Stazarii e della sua curia, castello sottomesso alla giurisdizione eugubina, hanno invaso, danneggiato ed utilizzato, anche a scopi lavorativi, alcuni terreni montani dell’eremo, ubicati nella diocesi di Gubbio, i cui confini vennero definiti e concordati fra l’eremo ed il suddetto comune […] chiede che sia fatta giustizia e che vengano puniti i colpevoli”». L’originario Statuto dell’’Università degli Uomini Originari (andato purtroppo perduto) doveva essere un mirabile compendio di scienza giuridica ed un documento precursore del moderno ecologismo coi suoi atti, d’epoca medioevale, vòlti alla protezione di boschi e sorgenti. Fra i pochi documenti manoscritti di proprietà dell’università, che ci si siano stati tramandati attraverso i secoli, vi sono quattro preziose pergamene, in buono stato di conservazione, la più antica delle quali rimonta all’anno 1291 (la più recente al 1427), ma è relativa a fatti avvenuti il 18 ottobre 1289. Si riunisce il consiglio del castello di Costacciaro per ordine del notaio Villanellus Bonjohannis. Lo scopo dell’intervento notarile è rappresentato dalla necessità di comporre un contenzioso, sorto tra l’università degli uomini di Costacciaro e alcuni membri della più ricca e potente famiglia dello stesso castello, i Guelfóni (Petrus d.ni Armanni, Oddolus d.ni Armanni de Guelfonibus, Federutius, Ufredutius e Mannus, figli ed eredi di Munaldellus d.ni Armanni), circa l’uso e la gestione del Monte Cucco. Il consigliere comunale Franciscus Drude, chiesta la parola, riferisce come, in un precedente consiglio (al tempo della capitananza di Aldemutius), si fosse deliberato di eleggere Corradutius Bonaguide alla carica di sindaco, alfine di poter comporre pacificamente detta vertenza. Lo stesso consigliere aggiunge, che, in quell’occasione, era stato predisposto un arbitrato, concepito da dominus Falacasa (giudice eugubino) e materialmente redatto dal notaio ser Andrea Salinguerra. Nell’atto citato erano meticolosamente descritti i confini e fissate alcune norme, così sunteggiate: «Sia lecito all’università degli uomini del castello di Costacciaro e suo territorio che “haberent et tenerent nunc et in futurum in eorum domibus continue” gli animali, di far legna, abbattere alberi e pascere gli armenti sul monte. Ciò invece non sia lecito, qualora gli stessi uomini “in eorum domibus continue non retinerent”». Gli stessi diritti siano, inoltre, goduti: per un terzo da Petrus d.ni Armanni, per un terzo da Oddolus d.ni Armanni, per un terzo dai figli di Munaldellus. Il presente documento venne esemplato dal notaio ser Petrus Johannis nell’anno 1291. Fu, dunque, stabilito che i diritti fossero goduti per metà dai Guelfóni e per l’altra metà dagli uomini dell’università, a patto che questi ultimi tenessero sempre gli animali (bovini, ovini, suini, ecc.) nelle stalle delle loro abitazioni. Quello di cui parla il consigliere comunale del Castrum Collistacciarii è il primo atto (forse databile intorno al 1280) che sancisca, a chiare lettere, e giuridicamente, il diritto di proprietà della montagna (già probabilmente goduto in maniera consuetudinaria dagli uomini del castello dal giorno stesso della sua fondazione, avvenuta attorno agli anni 1240/1250) da parte degli uomini del castello, che avessero dimostrato di risedervi stabilmente, nonché la possibilità della sua trasmissione ereditaria per linea mascolina. L’atto segna anche l’inizio del declino del potere feudale della nobile signoria rurale dei De Guelfonibus (o Guelfóni) su Costacciaro ed il suo territorio e la nascita d’una più democratica e popolare forma d’autogoverno comunale. Si tratta, in sostanza, dell’atto fondante della libera Università degli Uomini Originari di Costacciaro. Nel corso dello stesso secolo XIII, un importante atto giuridico (la cui sanzione avrà conseguenze pratiche decisive per l’Universitas Ominum Originariorum Castri Collistacciarii) vede protagonisti i Guelfóni.  Nel 1279, infatti, i sindaci della villa di Viaccio (l’attuale Viacce di Fabriano) spartiscono il Monte Cucco con Monaldello e Petruccio di dnus Armanno di Guelfone, signori del castello di Costacciaro.[2]  



[1] Lo statuto fu dato alle stampe, a Gubbio, nell’anno 1853, per i tipi della tipografia di Antonio Magni (con perm.).

[2] Cfr. Archivio Storico Comunale di Fabriano, pergamene, b IV, n. 186; registri, vol. IV.

 

Copia dell'informazione della montagna di Costacciaro richiesta a Fra Tommaso Bontempi del Delegato Prefittizio Signor Giovanni Coltellini consegnata al Medesimo il di 8. Maggio 1810 (DOCUMENTO STORICO)
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